Per la stessa ragione del viaggio (facciamoli) viaggiare
L’altro giorno sono andata in treno a Milano e scendendo ho assistito ad una scena che probabilmente si ripete spesso, ma non ci avevo mai fatto caso: una signora sulla sedia a rotelle non riusciva a scendere dal treno a causa dei due alti gradini.
Per fortuna la suddetta signora alla fine è stata aiutata da tre persone e tutto si è risolto, ma cosa sarebbe successo se quelle tre persone non fossero state lì pronte a darle una mano?
Dopo questo ho iniziato a fare attenzione a tutto ciò che potrebbe costituire una così detta “barriera architettonica”, soprattutto per quanto riguarda i mezzi pubblici.
Ho scelto questo ambito in particolare per un semplice motivo: noi, quando vogliamo andare da qualche parte, possiamo scegliere se prendere i mezzi pubblici oppure la nostra macchina, i disabili invece (perché si tratta di disabili, se poi qualcuno vuole chiamarli “diversamente abili” senza preoccuparsi dell’ipocrisia che si cela dietro questa perifrasi, faccia pure…) non possono scegliere, specie se vivono da soli o se non hanno sempre qualcuno disposto ad accompagnarli.
Dunque esco di casa e vado in stazione, a Calolzio, e mi trovo a dover affrontare due scalinate per poter accedere ai binari.
Guardandomi intorno noto la presenza di un ascensore per disabili, o meglio, un ascensore per ogni binario.
Qualcosa di buono e in fondo bisognava anche aspettarselo visto che la stazione di Calolzio sta subendo lavori di ristrutturazione da alcuni anni e quindi dovrebbe giustamente essere all’avanguardia.
Mi avvicino per provarne la funzionalità, schiaccio il bottone di chiamata, ma nulla si muove. Li provo un po’ tutti (tre banchine quindi tre ascensori), ma nemmeno uno è attivo. Chiedo informazioni ad alcuni addetti ai lavori ed essi cortesemente mi rispondono che in realtà i lavori non sono ancora finiti, ma lo saranno probabilmente entro maggio, ed allora verranno messi in funzione anche gli ascensori per i disabili.
Bè, mi fido delle loro parole e penso che tutto sommato, anche se il tempo che ci vuole è piuttosto lungo, è comunque un buon risultato, specie se contiamo il fatto che quella di Calolzio è una stazione più che altro di passaggio. Allora vado (in treno ovviamente) a Lecco, quindi questa volta una stazione di medie dimensioni, svincolo di molti più treni. Prima ancora di giungere lì però incontro le prime difficoltà.
La maggior parte dei treni presenta due gradini per salire nella vettura (per un totale di 60/70 cm circa), oppure bisogna superare il dislivello tra il piano del terreno e quello del treno, insomma un gradino (30 cm circa).
Come se non bastasse ci sono sempre dei separatori ad ogni porta che restringono lo spazio di accesso (tra i 60 e i 70 cm mentre la larghezza minima dovrebbe essere 80 cm). Se poi siamo talmente sfortunati da dover utilizzare un treno a due piani (molto frequenti soprattutto nella tratta Lecco-Milano P.Ga), anche se riuscissimo con una carrozzina a superare gradini e separatori e quindi riuscissimo a salire sul vagone ci troveremmo davanti a questo: una scalinata centrale che porta al piano di sopra, più due laterali per rimanere al piano più basso…insomma fai una fatica boia per salire e poi ti trovi a dover rimanere nello spazio tra una carrozza e l’altra (circa 2 Mq), anche perché il corridoio che passa tra i sedili è largo solo 50 cm circa…Un po’ amareggiata scendo in stazione a Lecco e qui davvero la situazione è sconfortante.
Soltanto scale peraccedere ai binari o entrare/uscire dalla stazione, nessun ascensore per disabili, nessuna passerella, nessun montascale, niente.
Niente se non una rampa che ti permette di superare i primi tre gradini che rialzano la stazione rispetto al piano della piazza. Evidentemente chi l’ha progettata pensava che chi deve servirsi della carrozzina va in stazione solo per vedere i treni, non certo per prenderli…
Il Ministero dei Lavori Pubblici il 14 giugno 1989 ha emanato un decreto che all’articolo 6 dice “Gli edifici di nuova edificazione e le loro parti si considerano adattabili quando, tramite l’esecuzione differita nel tempo di lavori che non modificano né la struttura portante, né la rete degli impianti comuni, possono essere resi idonei, a costi contenuti, alle necessità delle persone con ridotta o impedita capacità motoria, garantendo il soddisfacimento dei requisiti previsti dalle norme relative alla accessibilità.”
La stazione di Lecco non è certo un edificio nuovo, ma la legge dice anche che gli edifici vecchi devono essere adeguati in caso di ristrutturazione. E allora perché non ristrutturare la nostra stazione? In fondo basterebbe davvero poco…basterebbero delle modifiche alle strutture già esistenti con l’inserimento di rampe o montascale o ascensori per disabili (quindi nulla che intacchi la struttura portante o la rete degli impianti comuni), come ha fatto la stazione di Calolzio, basterebbe che il problema delle barriere architettoniche fosse primario non solo nella costruzione di nuovi edifici, ma anche nella revisione di quelli vecchi, basterebbe che qualcuno ci facesse caso, basterebbe che a qualcuno importasse…
Laura Isacco
Ah, mo si può commentare… Peccato, devo riscrivere il mio commento, è stato cancellato dall’hackeraggio :-(
Il succo del mio discorso era questo: tutto bellissimo, buon articolo! Bisogna fare qualcosa perchè tutti abbiano le stesse possibilità di muoversi e vivere, indipendentemente dalla loro condizione psico-fisica, siamo tutti d’accordo.
Solo che “diversamente abili” è un epiteto tutt’altro che ipocrita, cara Laura. Perchè dovrebbe essere iporcita? Hai evitato di spiegarlo… Il fatto è che l’handicap non è solo quello dei poveri in sedia a rotelle… prova a considerare altri tipi di handicap e capirai che certe persone solo davvero “diversamente abili”. Il termine è veritiero e non discrimina, a differenza di “disabili”, la cui accezzione è cambiata negli anni…
Comunque sia qui ci starebbe una bella raccolta firme per sensibilizzare il nostro Comune. No?
semplicemente mi da fastidio il fatto che quando si parla di argomenti di questo genere, si stia più attenti a che i termini siano corretti più che al contenuto del discorso. come evidenzia splendidamente la vignetta, abbiamo coniato una lista di termini con cui definirli, ma poi non facciamo niente per tutelarli. quello che ho scritto non era un <>. certo che sono diversamente abili, così come sono disabili, handycappati, non deambulanti….ma non è questo che importa
manca un pezzo…
quello che ho scritto non era un “non è vero che sono diversamente abili”. certo che sono diversamente abili, così come sono disabili….
Purtroppo una delle principali fonti di problemi in Italia è la mancanza di senso civico e del vivere comune di noi stessi italiani.
Certo i nostri centri storici sono fra i più vecchi del vecchio continente e molti edifici e intere aree sono molto difficili da ristrutturare. Questo però vale anche per molte altre nazioni, almeno quelle europee.
Noi italiani guardiamo sempre solo il nostro piccolo orticello e non ci indigniamo ormai più dei lavori pubblici fatti con i piedi, della totale mancanza di professionalità e lungimiranza dei nostri amministratori, o anche solo di chi occupa i parcheggi per disabili.
I “normalmente abili” fanno un piccolo sforzo in piu’ e superano senza grossi problemi i mille piccolo ostacoli che troviamo quotidianamente sui nostri percorsi. Questi stessi ostacoli spesso diventano insormontabili per i disabili.
Però voglio spingermi più in là nel ragionamento.
Io viaggio abbastanza per lavoro e per piacere, ho visto quasi tutte le capitali europee e spesso mi meraviglio della loro maggiore “vivibilità” rispetto alle città italiane. Mi sono spesso chiesto il perché e ho concluso che in gran parte e’ dovuto all’assenza di barriere architettoniche (o comunque la loro minor presenza).
Già perché uno scivolo aiuta non solo le sedie a rotelle, ma anche le carrozzine dei bambini, il passo incerto di un anziano, la bicicletta di un giovane ciclista o il trolley di un turista. E di colpo ti rendi conto di quanto sia più facile la vita di tutti quanti grazie a questi piccoli miglioramenti. Ti accorgi di quanto importanti siano mezzi pubblici efficienti e scivoli messi nel punto giusto.
Capisci anche come mai il turista inglese o americano preferisce sempre di più mete come la Spagna, snobbando invece l’Italia perché scoraggiato dai racconti di chi qui da noi non si trova più bene nemmeno come turista… Ma questo è un altro argomento… :-)
Maicol
complimenti laura, ottimo pezzo.
i marciapiedi inesistenti, troppo piccoli o intralciati da auto sono altri importanti elementi del quotidiano percorso ad ostacoli di queste persone (ma anche di una semplice mamma con una carrozzina..)
lecco è un esempio vivente.
quando si dice una città a misura d’uomo..
manca proprio la cultura della persona in generale, non solo di quella disabile.
Ok Laura, non si capiva cosa intendevi, sembrava un’inutile polemica riguardo a una semplice denominazione.
Raccogliamo firme, dai! ;-)
Carissimi,
il 29 maggio scorso ho organizzato presso l’Ordine degli Ingegneri di Milano un incontro che aveva come argomento “la gioia di progettare nel rispetto e al servizio di tutte le tipologie di cittadini”, in altri termini, e più sinteticamente, il “Design for all”.
Ritenni opportuno impostare l’iniziativa sul piano culturale, ancor più che su quello tecnico.
Invitai pertanto esponenti dei più diversi ambiti, operatori in organizzazioni pubbliche e private, affinché si potessero confrontare sensibilità assai diverse fra loro nei confronti del tema della mobilità e della lotta alle cosiddette barriere architettoniche.
Diedi molta importanza anche a quelle figure e a quegli istituti che, per la loro attività ed esperienza, hanno titolo per far crescere anche il grado di consapevolezza dei cittadini più giovani.
Permettetimi di sottolineare l’importanza del termine consapevolezza.
Non volendo colpevolizzare alcuno, sarà capitato ad ognuno di noi di creare, senza volerlo, un più o meno rilevante intralcio al passaggio di un cittadino (giovane, anziano, forte o debole che fosse).
L’abbiamo fatto apposta? Con tutta probabilità no; semplicemente, possiamo non averci pensato.
Ecco, possiamo dare un notevole contribuito, ricordandoci che ogni giorno, col nostro comportamento ed esempio, di fatto siamo progettisti della nostra e dell’altrui quotidianità, del nostro e dell’altrui benessere, e la matita di cui disponiamo è il nostro senso civico, la nostra attenzione, il nostro rispetto per gli altri.
Un caro abbraccio a tutti gli amici di QLL.
Alberto Ricci
uehi bello!
il tuo convegno sarà anche stato “mitico: di più”
Ma tu usi in esordio il passato prossimo; prosegui con il (passato) remoto; aggiungi incidentali danzanti con il presente, il futuro e il trapassato.
Se il tuo lavoro è importante, certo sai l’importanza della comunicazione corretta.
Cioè, nel senso della scuola media. Che tutti snobbano, perchè nessuno più la sa. O no?
uehi bello!
il tuo convegno sarà anche stato “mitico: di più”
Ma tu usi in esordio il passato prossimo; prosegui con il (passato) remoto; aggiungi incidentali danzanti con il presente, il futuro e il trapassato.
Se il tuo lavoro è importante, certo sai l’importanza della comunicazione corretta.
Cioè, nel senso della scuola media. Che tutti snobbano, perchè nessuno più la sa. O no?