Franca Gerosa
Il Giornale di Lecco, testata notoriamente invisa ai potentati della città, ha deciso, attraverso la punta di diamante dell’equipe rivoluzionaria: la temutissima Franca Gerosa, di attaccare frontalmente il sottoscritto e l’amico Paolo Trezzi (nonché Valsecchi dei Verdi). A pagina 15 della spelonca gerosiana, ho appreso non senza stupore della mia appartenenza alla fazione dei sostenitori dell’ex Borgomastro Antonella Faggi. Eh sì perché l’irreprensibile editorialista, saggista, cronista, opinionista, analista, ha fatto sua (con o senza mandato, importa poco) la campagna più adeguata per chi fa della disinformazione il suo pane quotidiano: diffamare, screditare, mistificando e falsificando, le voci fuori dal coro. La repellenza che il battitore libero suscita ai danni della nervosetta Gerosa, sta come i raggi del sole verso la neve arrampicata sui dorsali delle montagne. Cascato il sindaco, attaccato senza esitazione dal giornale che tutti temono e tutti combattono, Franca Gerosa ha ufficialmente iniziato la sua battaglia personale. Le sue armi non possono che esser le solite: titoli iperbolici, occhielli al vetriolo e corsivi zeppi di veleno. Che poi sia la panzana l’ingrediente preferito è secondario. Prima di tutto deve esserci il pepe, altrimenti la carta non si vende. La verità e l’onestà intellettuale possono attendere, devono attendere.
“La Faggi lascia tanti orfani”, “I vari Facchini, Trezzi e Valsecchi si stracciano le vesti”. Come regola di cabaret impone, la battuta migliore è sempre tra le righe. Non è mai eclatante. E così ecco che nel box di pagina 15 salta all’occhio la foto dello sciopero del 12 dicembre ’08. La didascalia è qualcosa che ricorda molto 1984 di Orwell. “Duccio Facchini, fustigatore con telecamera dei potenti, è più preoccupato che soddisfatto della caduta dell’Amministrazione Faggi”. Così, giusto per dire qualcosa. Una falsità smentita dalla più elementare delle verifiche: andare a leggersi la lettera che inviai ai giornali locali il giorno stesso del capitombolo pidiellino-leghista. Sospetto però che le uniche cose che Gerosa sia intenzionata a rileggersi (rivolgendosi complimenti solitari ad alta voce) siano proprio i suoi fantastici pezzi di denuncia. Addirittura: “ex arrabbiatissimo grillino, contestatore dell’universo mondo e del porticciolo (sic!), “provocatore” con la telecamerina al seguito di Fassino, La Russa, Franceschini e dei potenti; il Nostro per Antonella Faggi esprime quasi rimpianto e vicinanza”. Peccato che la lettera – di sotto riportata a futura memoria – la mandai anche alla sbadata Gerosa. Sarebbe bastato pubblicarla. Purtroppo, si sa, l’abitudine è patologica e la routine infettiva, per questo Gerosa non l’ha fatto. Il coraggio intellettuale della verità (dato che stasera parleremo di Pasolini) spesso non paga. E la carta va venduta.
L’ars mistificatoria ottimamente incarnata da Gerosa trasforma il cittadino in “urlatore e fustigatore”, la telecamera in spettacolino, le critiche in grida, la memoria in insulto, la giovane età in immaturità saccente, l’indisposizione alla menzogna in lamentele superflue, le domande in insolenti provocazioni. E dire che Gerosa fa pure la stupita quando falsifica una posizione chiara. Facchini (uno dei “vari”) rimpiange la Faggi. Ciò che non stupisce invece è la bugia. Arma lubrificata e sempre carica della firma più eclettica della città.
Di seguito la lettera di cui parlavo (non pubblicata da Gerosa). Come si potrà notare con facilità la mia nostalgia ed ammirazione per la Giunta Faggi emergono nettamente.
“Annuntio vobis gaudium magnum: la Faggi è caduta. Il “governo del fare” ha fatto l’unica cosa corretta in questi tre anni di litigi, scaramucce, spartizioni e pagliacciate: è andato a casa. La crisi è esterna. La sfiducia, a quanto è dato sapersi, è scaturita a causa delle dimissioni in massa dei consiglieri d’opposizione e di cinque (dice: soltanto?) comparse stufe di figuracce.
La sensazione però è che dietro ai cinque “volontari” s’annidi una fronda ben più ampia. Non regge la filastrocca che cinque piccoli fiammiferai abbiano voluto fare uno sgarbo al sindaco-“soldato” (come adora definirsi Antonella Faggi).
Ora ci aspettano mesi di commissario prefettizio e poi le elezioni in concomitanza delle regionali del prossimo anno. La riflessione è una sola: se questa maggioranza (con le sue sfumature) ha deciso di suicidarsi significa che il piatto (la candela) è molto ricco. Una parolina mi assilla: Expo. Magari mi sbaglio.
Disarcionato in malo modo, il sindaco Faggi lunedì sera in Consiglio Comunale aveva già fatto intendere d’aver mangiato la foglia. Il clima era quello tipico da 24 luglio. Il suo discorso fiume all’inizio dell’Assemblea era parso un testamento politico, un “salvare il salvabile”. Sperava di arginare la piena. La caduta rovinosa è arrivata due giorni dopo. Per fortuna che i capetti del Pdl locale e della Lega soltanto ieri s’erano scapicollati a ribadire “piena fiducia” al primo cittadino (mettendoci e perdendoci conseguentemente la faccia). Perego, Fumagalli, per non parlare del Presidente Nava. Vedi un po’ tu!
Ora la palla passa ai cittadini. Non conterei molto sulla memoria storica da qui a qualche mese. La sanzione “civica”, diciamo così, è marchio assai rimovibile. Basteranno qualche slogan su cartelloni pubblicitari (magari con un atleta olimpico che pagaia gaudente) e qualche panzana costruita ad arte per strofinare via il ricordo di questi anni d’inerzia imbarazzante? Sarà compito (non esclusivo) quindi di un’opposizione, fin qui colpevolmente troppo blanda, di articolare un’alternativa credibile al populismo di plastica dei fautori della finta concretezza. Il messaggio alternativo dovrà però comprendere serietà, coerenza e credibilità. Nonché idee.
Per il momento: arrivederci ex Sindaco! Nel nome del “comune amico””.
Duccio Facchini
PS: ringrazio Qui Lecco Libera per lo spazio concessomi per la replica ad un attacco personale e gratuito. Ci vediamo stasera all’Officina della Musica.
Propongo una notiziola da inserire nel vademecum del buon giornalista: ricorda che le elucubrazioni mentali personali non sono ancora in grado di modificare i fatti.
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Un’altra bella figura(ccia) da parte del Giornale di Lecco.
Silvia
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