“A cento passi dal Duomo” di/con Giulio Cavalli

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A CENTO PASSI DAL DUOMO
(lo spettacolo di teatro civile contro la mafia)
GIULIO CAVALLI sarà a Lecco venerdì 13 novembre,
ore 21, presso l’Officina della Musica.

“La mafia non esiste”. Figurarsi al Nord. “La mafia a Milano non esiste”. Non è mai esistita.
“E’ tutta una montatura per screditare il ricco, produttivo, avanzato, civile, Nord Italia”.

C’è un’altra Italia che, fortunatamente, alle menzogne non s’è ancora piegata.
C’è un ragazzo di Lodi, di mestiere fa l’attore, che si chiama Giulio Cavalli.
Ha avuto una pessima idea: parlare di mafia nei suoi spettacoli (oltreché del disastro di Linate).
“Che gli attori facciano gli attori”, gli contestano i tutori dell’omertà.
Lui invece s’è convinto che il teatro possa e debba parlare di temi spesso “dimenticati” da politici, giornali e televisioni.
E così s’è permesso di parlare di mafia. Non solo (sfacciato!): addirittura di mafia a Milano.
Di quella Milano “da bere” che fin dagli anni ’50 conobbe infiltrazioni mafiose nel mondo dell’economia, della finanza, della società, della cultura.
Eppure a parlarne, secondo i camerieri della disinformazione, non si fa che “screditare” i milanesi, i lodigiani, i lecchesi. Si manca di rispetto.Molto meglio il silenzio.
Quello stesso silenzio che fa di Milano (e del Nord Italia) il nuovo centro operativo delle mafie.

Specialmente della ‘Ndrangheta.

Ospite della Carovana Antimafie,
GIULIO CAVALLI
porterà in scena lo spettacolo
A CENTO PASSI DAL DUOMO,
scritto insieme al giornalista
Gianni Barbacetto.
Una fotografia lucida che ritrae
la distratta Milano
dall’assassinio di Giorgio Ambrosoli arrivando fino ad Expo 2015.
Perché a Milano la mafia c’è da un bel pezzo.

Per info/prevendite riguardanti lo
spettacolo contattare:
lecco@arci.itduccio4@gmail.com
Il prezzo del biglietto è di 5 euro!

La ‘Ndrangheta non ammorba soltanto Milano. La nostra città, Lecco, è anch’essa crocevia di traffici di droga, di armi, nonché roccaforte della famiglia calabrese dei Trovato, imparentata con i potentissimi De Stefano di Reggio Calabria.
Nonostante le inchieste della magistratura, le sentenze e gli ergastoli, la ‘Ndrangheta a Lecco (come nel resto del Nord Italia) continua a rigenerarsi senza sosta, grazie, soprattutto, al profondo legame di sangue che lega i componenti delle cosche.
Purtroppo però, senza l’apporto decisivo di una parte non ininfluente della classe imprenditoriale “pulita” lecchese e la presenza di un deserto culturale colpevolmente creato da istituzioni assenti, tale fenomeno non avrebbe mai potuto raggiungere un simile livello di forza e potere di pressione.
La consapevolezza del tessuto sociale sul tema dell’infiltrazione mafiosa è importante tanto quanto una sentenza di tribunale.
L’omertà e la sottovalutazione del fenomeno sono l’ossigeno di cui gli ‘ndranghetisti necessitano.


Parlare di mafia significa non restare indifferenti.

Milano è la vera capitale della ‘Ndrangheta
Vincenzo Macrì, Pm antimafia, estate 2008

Carovana Antimafie gruppo di Lecco

2 pensieri riguardo ““A cento passi dal Duomo” di/con Giulio Cavalli

  • 12 Novembre 2009 in 01:41
    Permalink

    Se la mafia toglie la parola a un attore e tutti tacciono

    di Alberto Spampinato*

    Com’è che i giornali, tranne rare eccezioni, non parlano di questa storia, dell’attore lodigiano Giulio Cavalli minacciato di morte dalla mafia per aver preso in giro Bernardo Provenzano in alcuni spettacoli in piazza in Sicilia e in Lombardia? Come mai il mondo del teatro non dice una parola su un attore minacciato di morte dalla mafia e da un anno costretto a girare con la scorta armata? Com’é che a Lodi e a Milano, città gelose della propria libertà, i cittadini, i circoli e le istituzioni hanno lasciato correre una cosa così grave? Cosa significa questo silenzio assordante?
    Temo che significhi nient’altro che paura e rassegnazione. E’ grave che non si riesca a reagire altrimenti e che tutto ciò, invece di produrre solidarietà, sostegno, protezione collettiva di una voce libera e coraggiosa, produca l’isolamento della vittima di un’ingiustizia. Fatti come questo devono farci riflettere sul punto a cui siamo arrivati, con il condizionamento mafioso, anche nel Nord un tempo tanto orgoglioso di essere immune dagli spregevoli effetti della violenza mafiosa. Anche nel Nord siamo andati molto avanti nel senso dell’acquiescenza e del contagio. Questo silenzio, questa disattenzione può esserci solo perché, purtroppo, molti italiani, (ma soprattutto molti giornalisti, anche del Nord) pensano che in questa storia se c’è uno che ha sbagliato, questi è Giulio Cavalli, il quale, secondo questo modo di pensare e una formula molto usata “se l’è cercata”. Non avrebbe dovuto prendere in giro Bernardo Provenzano, non avrebbe dovuto violare la tacita convenzione del silenzio e dell’autocensura che vige nel nostro libero paese! Che gli costava? La convenzione non scritta, come sappiamo, vale più delle leggi e delle convenzioni universali ed europee dei diritti dell’uomo; stabilisce che un attore, uno scrittore, un giornalista per vivere tranquillo non deve mai comportarsi come Giulio, né come quell’altro matto di Roberto Saviano, né come quei cronisti scriteriati alla Lirio Abbate, Rosaria Capacchione e via elencando… No, chi vuole vivere senza minacce di morte o di altre rappresaglie può farlo semplicemente attenendosi alla regola di parlar d’altro, di fingere che la mafia e i mafiosi non esistono, e se proprio non può fare a meno di parlare dei boss, dei loro amici corrotti e intrallazisti, deve parlarne con molto rispetto e senza turbare lo svolgimento dei loro affari. E’ facile, che ci vuole? Ci riescono (quasi) tutti. E’ comodo e fin troppo facile. Proprio per questo noi ammiriamo chi non ci riesce, e perciò io abbraccio forte Giulio Cavalli, Roberto Saviano e tutti i matti come loro che pagano un caro prezzo per dimostrarci che la regola del quieto vivere si può rifiutare, e che l’autocensura è proprio il contrario della libertà di espressione

    *direttore di Ossigeno per l’informazione, osservatorio FNSI-Ordine dei Giornalisti sui cronisti minacciati e le notizie oscurate con la violenza

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