Ricatto a Pomigliano d’Arco
Povero Sergio Marchionne. “Per la prima volta si rende conto che questo paese non è l’America dove gli accordi si fanno con tutte le organizzazioni sindacali e non soltanto perché lì sono meno che in Italia”, scrive oggi preoccupata La Repubblica.
Ma come, un così simpatico Amministratore Delegato, sempre sobrio col suo maglioncino, deve pure interessarsi della dignità e dell’umanità sul posto di lavoro (e non solo) di 15.000 persone? Non bastava farle “lavorare” al posto che trasferire tutto in Polonia e arrivederci “Made in Italy”? Certo che questa Fiom è proprio ottusa. Preferisce che gli investimenti facciano “ciao ciao” e se ne vadano a Tichy? Come può un sindacato esser contro l’opportunità di lavoro dei propri iscritti e non (domanda che è una non domanda)? E’ meglio chiudere (non lavorare) o rispettare i voleri di Marchionne (“lavorare”)?
Domande che lacerano l’inappuntabilità dei liberali (liberisti) all’italiana. Poco importa che le condizioni Fiat spingano ancora più a fondo il Diritto dei lavoratori. Poco importa che il ricatto di Marchionne rappresenti il punto di non ritorno per ogni pretesa nei confronti dell’azienda. Vuoi lavorare? Lo puoi fare, certamente. A patto che sia io (azienda) a farti lavorare con i miei tempi, modi, centesimi di secondi. Luciano Gallino, ieri su La Repubblica, ricorda punto per punto gli estremi del cosiddetto “accordo” presentato alle parti sociali da parte dell’Amministrazione Fiat.
“Allo scopo di utilizzare gli impianti per 24 ore al giorno e 6 giorni alla settimana, sabato compreso, nello stabilimento di Pomigliano rinnovato per produrre la Panda in luogo delle attuali Alfa Romeo, tutti gli addetti alla produzione e collegati (quadri e impiegati, oltre agli operai), dovranno lavorare a rotazione su tre turni giornalieri di otto ore. L´ultima mezz´ora sarà dedicata alla refezione (che vuol dire, salvo errore, non toccare cibo per almeno otto ore). Tutti avranno una settimana lavorativa di 6 giorni e una di 4. L´azienda potrà richiedere 80 ore di lavoro straordinario a testa (che fanno due settimane di lavoro in più all´anno) senza preventivo accordo sindacale, con un preavviso limitato a due o tre giorni. Le pause durante l´orario saranno ridotte di un quarto, da 40 minuti a 30. Le eventuali perdite di produzione a seguito di interruzione delle forniture (caso abbastanza frequente nell´autoindustria, i cui componenti provengono in media da 800 aziende distanti magari centinaia di chilometri) potranno essere recuperate collettivamente sia nella mezz´ora a fine turno – giusto quella della refezione – o nei giorni di riposo individuale, in deroga dal contratto nazionale dei metalmeccanici. Sarebbe interessante vedere quante settimane resisterebbero a un simile modo di lavorare coloro che scuotono con cipiglio l´indice nei confronti dei lavoratori e dei sindacati esortandoli a comportarsi responsabilmente, ossia ad accettare senza far storie le proposte Fiat. Non è tutto. Ben 19 pagine sulle 36 del documento Fiat consegnato ai sindacati a fine maggio sono dedicate alla “metrica del lavoro.” Si tratta dei metodi per determinare preventivamente i movimenti che un operaio deve compiere per effettuare una certa operazione, e dei tempi in cui deve eseguirli; misurati, si noti, al centesimo di secondo”.
Ieri, il Comitato Centrale della Fiom-Cgil ha rispedito al mittente la richiesta di ratifica dell’accordo. Una frase sulle altre esemplifica la posizione dei Metalmeccanici: “Se si afferma il principio che per investire in Italia è necessario derogare dai Ccnl e dalle Leggi si apre una voragine che indica quale uscita dalla crisi la riduzione dei diritti, dei salari e una modifica di fatto della Costituzione sociale e materiale”.
Questo fastidioso diniego di una parte del Sindacato comporterà probabilmente l’agognata fuga del sempre-caro Marchionne. Peggio ancora. Leggiamo ancora Salvatore Tropea de La Repubblica: “Tradotto in termini concreti voleva e vuole dire che o la Fiat viene messa in condizione di lavorare per raggiungere anche in Italia gli obiettivi che si è data oppure andrà a farlo dove ciò sarà possibile. Insomma una “deitalianizzazione” non voluta ma indotta“. Ora è tutto chiaro! Il povero Marchionne vuole bene all’Italia, lui vorrebbe restare in Italia, adora l’Italia, la sua produzione e la sua classe dirigente. Il problema è che s’è trovato tra le scatole gli operai. O meglio: i Diritti. Oggetti misteriosi, certamente non voluti.
Duccio Facchini
Purtroppo, coem sempre auando ci sono di mezzo i capitalisti, vincono lor.
la lotta di classe c’è già stata e sappimo coem è finita. Gli stipendi più bassi d’europa. 5000 euri ogni anno alle rendite dei padroni sottratti agli stipendi ai produttori di ricchezza.
Questo è un passo., gravisismo, ancora in più. non sono sicuro che a Melfi siano messi tanto peggio..
La questione quindi potrebbe essere vista da un’altra prospettiva: è l’italia che dovrebbe chiedersi se ha ancora interesse a rimanere nell’azionariato fiat (non la fiat se ha ancora interesse a produrre auto in italia). la ragione è molto semplice: il mercato mondiale dell’auto è saturo, nonostante si sfrutti il 60/65% del potenziale produttivo degli impianti; le auto si vendono solo con gli incentivi statali (il guadagno dell’impresa lo sovvenziona lo stato, cioè tutti noi). ha un senso? forse sarebbe meglio una nuova politica economica (green economy, turismo, agricoltura) con una prospettiva di medio-lungo termine a favore dei cittadini e non dei soliti pseudocapitalisti (i capitalisti, quelli veri di stampo anglosassone, se non sono capaci, falliscono).
Vogliono fare i gradassi con il tempo, la vita, i ricatti? Allora diano prima segnali chiari. Che si capiscono.
Non se ne può fare a meno? Bene mettano mano alla loro cassaforte i signori Agnelli, firmino delle fidijussioni sull’azienda e sul loro patrimonio personale e girino agli operai questo plusvalore. Perchè il plusvalore di un’azienda è tutto lavoro non pagato.
Qui si corre il rischio che fra 2 anni il ricatto ed i diritti saranno ancora più bassi.
Il maltolto non va restituito con lavoro in più.
Che senso ha?
la fiat dice: Il reddito impropriamente ed ingiustificatamente trasferito dai lavoratori ai percettori di profitto e rendita non sarà restituito o almeno riequilibrato in futuro ma per ottenerne una parte il lavoratore puo’ lavorare di più. Grazie.
“Bisogna restaurare l’odio di classe. Perché loro ci odiano, dobbiamo ricambiare. ‘Loro’ sono i capitalisti, ‘noi’ siamo i proletari del mondo d’oggi: non più gli operai di Marx o i contadini di Mao, ma «tutti coloro che lavorano per un capitalista, chi in qualche modo sta dove c’è un capitalista che sfrutta il suo lavoro.
A me sta a cuore un punto. Vedo che oggi si rinuncia a parlare di proletariato. Credo invece che non c’è nulla da vergognarsi a riproporre la questione. E’ il segreto di pulcinella: il proletariato esiste. E’ un male che la coscienza di classe sia lasciata alla destra mentre la sinistra via via si sproletarizza.
Bisogna invece restaurare l’odio di classe, perché loro ci odiano e noi dobbiamo ricambiare. Loro fanno la lotta di classe, perché chi lavora non deve farla proprio in una fase in cui la merce dell’uomo è la più deprezzata e svenduta in assoluto? Recuperare la coscienza di una classe del proletariato di oggi, è essenziale.
E’ importante riaffermare l’esistenza del proletariato. Oggi i proletari sono pure gli ingegneri, i laureati, i lavoratori precari, i pensionati. Poi c’è il sottoproletariato, che ha problemi di sopravvivenza e al quale la destra propone con successo un libro dei sogni”.