L’esempio della Leuci
L’intervento dei lavoratori allo scorso Consiglio comunale aperto.
LA LEUCI PUO’ E DEVE ESSERE UN MODELLO PER TANTI
Ancora una volta da noi lavoratori della Leuci non sentirete scontate parole di pura testimonianza o di retorica resistenza alle logiche da più parti considerate, a torto, ineluttabili. Quelle logiche che ci vorrebbero destinati a chiudere perché legati a produzioni mature e ormai non più competitive sul mercato globale, ed anzi penalizzate proprio da normative europee, troppo affrettatamente considerate ambientalmente virtuose.
Questa è la rappresentazione che alcuni, strumentalmente, vorrebbero dare di noi.
Invece noi , semplicemente e senza presunzione alcuna, vorremmo mettere a disposizione dell’intera Comunità Territoriale, ed oltre, questo nostro tentativo concreto di contribuire ad un futuro manifatturiero di qualità e d’innovazione, oltre ovviamente alla sacrosanta difesa dei nostri posti di lavoro.
E’ da almeno 8 anni che, rimboccandoci le maniche assieme al sindacato e col prezioso e crescente aiuto delle varie Istituzioni e realtà locali, stiamo costruendo un concreto e praticabilissimo percorso di riconversione produttiva a forte componente innovativa. Lo perseguiamo “dal basso”, noi, con modalità e forme non considerate propriamente “tradizionali” che ci vorrebbero relegati a ruoli passivi, limitati alla pura gestione della “riduzione del danno”. Gli ammortizzatori sociali, pure assolutamente necessari come peraltro le politiche di riqualificazione professionale, non possono e non debbono costituire l’unico margine, o meglio argine, alla gravissima crisi che sta portando ad un vero e proprio sfacelo economico ma anche e soprattutto sociale.
Con concretezza e mantenendo uno sguardo “glocale” (agire locale, guardando al globale – conosciamo bene i meccanismi “stritolanti” che stanno sopra le nostre teste, come a quelle di tutti) da anni abbiamo individuato piste e percorsi per rendere superabili le “sfide” che ci si parano davanti, rese ancor più pesanti dalla sopravvenuta crisi, che noi riteniamo di “sistema”.
Quindi persone, oltre che lavoratori, che non si fanno certo infinocchiare da tesi interessate e strumentali ma che cercano di coniugare la consapevolezza “critica” con una visione realistica che ricerca le soluzioni concrete, in questo caso produttive, per mantenere al centro della nostra convivenza civile il fondativo valore del Lavoro.
Il Lavoro, e non la finanza o la speculazione di marchi e di aree immobiliari !
Il Lavoro fatto da lavoratori ed imprenditori, quelli veri, che si assumono fino in fondo anche le proprie responsabilità sociali. Ce lo insegna da sempre la nostra preziosissima Costituzione ricordando a tutti che l’imprenditoria, per essere legittimata, deve saper coniugare il “proprio portafoglio” con l’interesse collettivo, altrimenti non può che essere considerata alla stregua di un parassita per l’intera Società.
Infatti noi abbiamo grande stima di imprenditori, che pur nelle oggettive difficoltà di questo mercato globale, si impegnano a fondo per stare in piedi e dare lavoro. Semmai dovrebbero, e sempre più in realtà si stanno accorgendo, come del resto noi lavoratori, che il mercato non può essere un feticcio a cui sacrificare tutto. Non può essere la massimizzazione dei profitti l’unico “inumano” obiettivo del vivere.
E’ da questa visione, che non deve stonare ne apparire retorica, che abbiamo tratto la spinta per impegnarci a fondo nel ricercare produzioni innovative, interlocutori imprenditoriali dalla visione “lunga” ed “illuminata”, istituzioni e conoscenze professionali che non si trincerassero dietro le solite “scusanti” del “non tocca a noi”.
Ecco da dove nascono ad esempio le nostre proposte di riconversione di parte dei nostri macchinari altamente produttivi di lampade ad incandescenza tradizionali (lampadine comunque ancora oggi vendibili fuori Europa) in lampade ad alogene o speciali, non soggette proprio per questo alla “messa al bando commerciale – e non produttiva) disposta dalla Comunità Europea. Senza considerare che nel mondo esistono sperimentazioni che mantenendo il filamento ad incandescenza stanno verificando trattamenti concreti per portarle a livelli d’efficienza luminosa, e quindi ecocompatibile, simili alle cosiddetta lampade a risparmio d’energia tanto decantate quanto ,per altri versi, ancora “inquinanti”. Come pure, su di un piano eminentemente pratico, esistono realtà italiane che riescono a stare sul mercato producendo lampadine speciali, e quindi escluse dalla messa al bando europea, con macchinari simili ai nostri. Addirittura ci risulta che stiano operando qualche assunzione, alla faccia della tesi che sarebbe il mercato a chiudere la Leuci.
Ed ancora e soprattutto, ecco da dove vengono i veri elementi che ci contraddistinguono : le nostre continue sollecitazioni ad innovare ed integrare le tradizionali e residuali lavorazioni con nuovi prodotti della cosiddetta “green economy” quali manifatture per il settore del risparmio energetico (in primis la tecnologia led) e della produzione di fonti alternative a partire dal fotovoltaico d’avanguardia.
E’ vero abbiamo trovato resistenze ed inerzie da parte anche del nostro vecchio datore di lavoro il Sig. Rizza Carlo, ma purtroppo soprattutto un muro da parte del nostro attuale datore di lavoro il sig. Pisati, patron del gruppo Relco, di cui Leuci fa parte, che ci ha rilevati circa 6 anni fa.
Grandi parole e promesse sulla italianità produttiva virtuosa e sull’impegno a “rimanere leader in Europa nel campo delle fonti luminose”, ma non corrispondenti azioni e soprattutto investimenti (promessi ad esempio 5 milioni di risorse aggiuntive) per tradurre in pratica le proclamate intenzioni, messe peraltro anche in forma scritta ed ufficiale.
Abbiamo invece assistito ad un vero e proprio “svuotamento graduale” delle varie attività, spesso abilmente “mascherato” da parole solo apparentemente congrue quali razionalizzazione, ottimizzazione, ricerca sinergica, efficienza organizzativa e quant’altro.
Questo processo che, all’inizio, abbiamo ritenuto condivisibile e virtuoso si è ben presto trasformato in una vera e propria “pianificazione dello svuotamento”, come peraltro da molti sin dall’origine percepito e sempre più verificato come reale, generando una nostra decisa opposizione. Un’opposizione mai pregiudiziale e non fatta di retoriche parole od azioni, quanto invece costruita su forme, proposte e percorsi concreti d’implementazione di produzioni alternative e di interlocuzioni innovative di riconversione industriale.
Ci è sempre stato risposto con solenni promesse d’impegno, pur in un quadro d’oggettiva difficoltà di mercato, anche in pubbliche occasioni, che mai hanno prodotto invece 1 solo euro d’investimenti. Siamo arrivati, con senso di responsabilità, ad avvallare la vendita di alcune linee, considerate dall’azienda “non strategiche”, ad imprese di Paesi extraeuropei, dietro ripetute garanzie di un perlomeno parziale utilizzo degli introiti così ricavati (oltre 400.000 euro), per modifiche e riconversioni parziali dei macchinari.
Ecco perché nostro malgrado, e non per miope od anacronistica logica sindacale, siamo stati costretti ad attivare un blocco-presidio per evitare l’uscita di ennesime macchine di produzione. Blocco che stiamo ancora mantenendo in attesa di segnali concreti di disponibilità a trattare da parte di Pisati.
Vedete quindi come ciò che, a prima vista, può apparire od essere presentato strumentalmente come congruo e ragionevole, può invece costituire un alibi per perseguire altri sottostanti “progetti”.
Non è un caso che da sempre sosteniamo che sta a Pisati dimostrare, come continuiamo ad augurarci, di essere un vero imprenditore od un opportunista speculatore di marchi o di aree immobiliari.
Quello che però vorremmo con più forza sottolineare è la concreta e non eludibile possibilità di “tradurre, qui ed ora” nel nostro sito, fiumi di parole roboanti di miriadi di convegni e studi quali ricerca ed innovazione, in tappe graduali, quanto concretamente percorribili, d’implementazione reale.
C’è un’area ricca di storia e conoscenza, ci sono percorsi e progetti concreti di razionalizzazione e riconversione parziale, interlocuzioni reali con altri imprenditori “innovativi”, c’è la sperimentata convergenza di istituzioni locali, sinergie effettive con fonti di ricerca nell’ambito universitario ed altri fattori vari che hanno trasformato la nostra vicenda in una vera e propria sfida per l’intero Territorio sulla sua capacità di rinnovare la propria vocazione manifatturiera. In particolare, interpretando un insolito ruolo propulsivo ed “imprenditoriale”, siamo stati noi lavoratori e sindacato, da anni, a creare le basi concrete per attività d’avanguardia, agendo da volano ed interfacciandoci con le varie realtà alias “stakeholders” come s’usa dire.
Questo è il vero nostro contributo alla “discussione” che offriamo al nostro Territorio ed a questo Consiglio Comunale Aperto. Un Territorio che a fatica sta cercando la via del rinnovamento della propria prioritaria vocazione manifatturiera, integrabile peraltro con altre importanti attività economiche secondarie, per poter così globalmente rispondere ad una pericolosissima crisi ed alle sue pesantissime ripercussioni sul tessuto sociale, che è e rimane il vero “misuratore” di tutte le politiche programmatorie.
Ecco perché il “modello Leuci”, come da più parti viene definito, può e deve costituire un vero e proprio banco di prova dell’intero “sistema Lecco” potendo realmente rappresentare un “segnale” per molti operatori economici e sociali ed una concreta opportunità innovativa da non lasciar cadere.
Ecco perché la “questione Leuci” va ben oltre le nostre sorti lavorative, pur assolutamente determinanti per noi lavoratori della Leuci.
Ecco perché anche in questo contesto qualificato non possiamo non ringraziare pubblicamente, pur chiedendo a tutti un’accelerazione del percorso condiviso, i 2 assessori alle attività produttive (comunale e provinciale), certo espressione di una sensibilità sociale più ampia, di chi dovrebbe contribuire fattivamente ad una coadiuvata ed integrata “programmazione economica territoriale”.
Con altrettanta schiettezza non nascondiamo a nessuno, e specialmente a voi in qualche modo più istituzionalmente e funzionalmente coinvolti, che non basta mantenere la destinazione produttiva dell’area Leuci nel PGT. Il vero discrimine è il non consentire tutti, noi, voi e quanti hanno un ruolo attivo da svolgere, lo “svuotamento” delle attività produttive che sarebbe sicuramente foriero di una speculazione immobiliare nel medio-lungo periodo. Ben conosciamo i tempi di certe “operazioni”.
Invece adesso, dopo un estenuante quanto caparbio percorso che anche le istituzioni, e non solo, ci riconoscono ed hanno fatto loro, proprio adesso, che un primo preciso e virtuoso imprenditore si dice concretamente interessato (altri s’affacciano con ulteriori concreti progetti della cosiddetta “green economy” – “Cittadella della Luce” in primis – ma non solo e con parziale impegno di risorse pubbliche…), ecco guarda caso il nostro datore di lavoro dichiara la “chiusura a tempo” ( sei mesi) del sito produttivo di Lecco.
Valutate voi l’originalità della coincidenza.
Noi tutti invece crediamo nella quanto mai possibile volontà di “sedersi ad un Tavolo”, ben ricordando a Pisati che di fronte ha, in sostanza, un intero Territorio.
Ci corre infine l’obbligo, con la schiettezza che ci contraddistingue, di porre all’attenzione di tutti un altro aspetto della delicata questione :
Ci arrivano voci, da più parti, secondo cui ci sarebbero persone in nodi istituzionali e politici importanti che andrebbero sostenendo che sia inutile illudere i lavoratori della Leuci, perché ben altri “piani” graverebbero sull’area, magari a medio-lungo periodo, frutto di un sotterraneo lavorìo d’interessi soprattutto di costruttori locali.
Qualcuno si aspettava forse che andassimo “col cappello in mano” ammiccando a consorterie o realtà lottizzatrici?
No, al contrario, siamo noi e con noi l’intero Territorio Lecchese vista la valenza “generale” del percorso tracciato, che rivendichiamo adeguata attenzione ed un pieno sostegno, proprio in ragione di progetti concreti e percorribili.
Già non abbiamo compreso perché progetti, ritenuti da più fonti competenti validissimi come quelli denominati “Cittadella della Luce” basati su prodotti relativi al risparmio energetico ed alle fonti alternative, non siano neppure stati ammessi al cosiddetto “Bando Ergon” regionale.
Ora però in questa nuova fase di ricerca integrata di adeguati co-finanziamenti pubblici, in particolar modo dalla Regione Lombardia non possono più dare risposte evasive.
Una Regione attraversata da fortissime contraddizioni istituzionali e morali, deve saper cogliere la centralità della “questione del Lavoro”, soprattutto in presenza di un percorso concreto, partecipato e sostenuto da un intero Territorio, che riesce ad elaborare progetti e condizioni effettive di riconversione innovativa : un vero e proprio “modello” anche per il livello regionale e forse oltre.
Proprio per questo noi non vogliamo credere che esistano “assi”, “alleanze” o “pseudo accordi” preordinati e sotterranei che vanno in altre direzioni. Diciamo ben chiaro a tutti, e specialmente a chi ha orecchi per intendere, che vigileremo, e con noi tante associazioni della società civile e politica, ora ed a maggior ragione in futuro, su ipotesi speculative immobiliari, richiamando tutti alle proprie responsabilità ed esponendo ognuno al giusto giudizio dell’opinione pubblica, che non sopporta più operazioni di puro interesse speculativo privato.
Chiunque “coadiuvasse” certe operazioni sarebbe chiamato pubblicamente a spiegare perché si dovrebbero preferire ulteriori insediamenti cementificatori speculativi, siamo ormai a detta di tutti al collasso, ad attività innovative, ecocompatibili e supportate da strumenti reali di ricerca (laboratori e quant’altro) concretamente realizzabili, basta che lo si voglia, che possano garantire un futuro occupazionale a svariate persone, compreso le annesse attività dell’indotto ed le conseguenti positive ricadute sull’intero tessuto economico e sociale.
Ciò che tutti noi non potremo mai consentire è che quello che noi lavoratori chiamiamo il “cordone sociale dissuasivo” di comportamenti speculativi a scapito dell’interesse generale, con determinazione perseguito e consolidato nel tempo e col contributo di molti attorno alla nostra vicenda, lasci “buttare tutto ciò alle ortiche”.
Sarebbe uno “schiaffo” al Territorio intero ed alle sue possibilità di un congruo sviluppo futuro, proprio in ragione dell’ innegabile valore paradigmatico di questo percorso concreto, graduale ed integrato.
Sarebbe soprattutto uno “schiaffo” a quelle forze istituzionali, sociali, sindacali, imprenditoriali e politiche che giorno per giorno s’impegnano in tal senso.
Nel contempo non ci nascondiamo la reale possibilità che il sig. Pisati ancora una volta si sottragga a qualsiasi confronto o che prenda le distanze con i suoi soliti NO, e per questo invitiamo tutti sin da ora ad attrezzarsi per questa eventualità, e non con la solita presa di posizione ordinaria.
Ci sarebbero molte altre cose da dire, ma ci fermiamo qui lasciando spazio alla discussione ma soprattutto all’impegno fattivo di tutti.
IN RAGIONE DI TUTTO QUESTO E QUANT’ALTRO, ALZANDO LA VOCE, RICORDO A TUTTI CHE LA LEUCI PUO’ E DEVE ESSERE UN ESEMPIO PER MOLTI. LA PAROLA RASSEGNAZIONE IN CASI COME QUESTI NON DEVE ESISTERE ! RIBADIAMO AL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA POLITICA, QUELLA STRUMENTALE, CHE DOVRA’ PUBBLICAMENTE RENDERE CONTO DEL PROPRIO OPERATO !!!!!
Ci aspettiamo l’aiuto di tutti e noi inventeremo di tutto !!!!!
LA LUCE ALLA LEUCI NON SI DEVE SPEGNERE !!!!!
Lecco 15 ottobre 2012 RSU E LAVORATORI LEUCI