“Wall Street”, a ruota Libera

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La nostra lettera al quotidiano La Provincia di Lecco, che ha riportato le (errate) considerazioni del referente locale dell’associazione di Don Ciotti.

Gentile direttore Colombo,

Riteniamo doveroso respondere a quanto riferito dal rappresentante di Libera e ripreso dal Vostro giornale in merito al futuro del bene confiscato “Wall Street”.
Il referente lecchese di Libera ha dichiarato che nel decidere il futuro della ex pizzeria Wall Street non è stato ritenuto utile avviare “concorsi di idee visto che di idee erano già state tante e tutte irrealizzate”. Inoltre, ha aggiunto, quella della pizzeria a marchio Libera “è sembrata l’idea più giusta”. È sembrata? A chi? In base a quale percorso?

Affermazioni di questo genere rovesciano la realtà, facendo credere ai meno informati che l’abbandono di Wall Street sia dipeso da idee magari cattive e certamente non realizzabili, e non dal blocco congiunto messo in piedi da istituzioni distratte e impreparate (le stesse che elogiano lo sconosciuto progetto di Libera per lavarsi la coscienza). Dove sindaci, dirigenti e assessori, compresi Prefetti, opponevano incredibili alibi come “costi elevati” o “struttura inadatta ad assolvere finalità sociali”.

Il referente di Libera sbaglia anche quando afferma che il 31 agosto 2012 ha rappresentato il lancio “pubblico” della proposta (non così originale) della pizzeria. Non è così, e dovrebbe saperlo. Basterebbe leggere il verbale del 12 aprile del nucleo di supporto (che alleghiamo) dove era già presente l’idea -che non è dell’ex prefetto Valentini- maturata in stanze precluse ai cittadini e a chi, a differenza di Libera, si è speso sul tema.  Era già tutto deciso, e Libera, se ne faccia una ragione, ha goduto di una corsia preferenziale che con i valori della trasparenza ha ben poco a che fare.

Nessuna “gragnola di critiche”, dunque, come afferma -guardandosi bene dall’ascoltare la nostra opinione- l’autrice dell’articolo. Sono fatti documentati e che il referente di Libera probabilmente non può contestare. Infatti nessuno ci ha ancora spiegato perché anziché rivolgersi ad una ed una sola associazione per il progetto non si è pensato fin da subito ad un bando pubblico per l’affidamento della progettazione e gestione dell’immobile. È infatti chiaro che qualora l’associazione, o cooperative a lei riconducibili, dovesse partecipare alla gara sulla base del suo progetto non verrebbe rispettata il principio fondamentale dei contratti pubblici della “par condicio” tra i concorrenti.

Infine, come abbiamo già richiesto senza successo, perché i difensori del metodo “no concorsi di idee, decidiamo noi” non pubblicano il mirabolante progetto (steso a tavolino)?

Grazie per l’attenzione,
Qui Lecco Libera

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