Ernesto Palermo e quel contatto in Prefettura
(foto da La Provincia di Lecco)
Nella quarta parte della nostra analisi dell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione Metastasi l’obiettivo si sposta. I tempi sono gli stessi, e cioè quelli dell’affare Parè (metà 2011), i luoghi, invece, mutano. Da Piazza Diaz, e cioè da Palazzo Bovara, sede del consiglio comunale della città di Lecco, la rilettura delle carte dell’indagine porta dritto a Corso Promessi Sposi, e precisamente all’ufficio territoriale del governo: la Prefettura.
È un luogo fondamentale nell’indagine Metastasi. È lì, infatti, che il 5 luglio 2011 l’ormai ex sindaco di Valmadrera, Marco Rusconi, incontra l’allora Prefetto Marco Valentini. È stato convocato. A informarlo il giorno prima è stato il capo di gabinetto della Prefettura, Stefano Simeone, anticipandogli che si sarebbe discusso della “questione del Lido”. È una telefonata che Rusconi -come dice lui stesso al telefono- si “aspettava”. Ed è preoccupato. Tra le prime persone che contatta, però, c’è ancora una volta il rappresentante-prestanome Ernesto Palermo, consigliere comunale di Lecco ritenuto dagli inquirenti il garante degli interessi ‘ndranghetisti sul pratone di Valmadrera.
Alle 11 della mattina di quel 5 luglio 2011 Marco Rusconi ha già terminato l’incontro. Chiama un collaboratore: “dalle verifiche -recita la sintesi delle parole di Rusconi- c’è un’interposizione e, dietro quel giro c’è Mario Coco tanto per essere chiari”. Si dice perplesso: “sui personaggi che gravitano nella cosa -prosegue confidandosi con il collaboratore- è stata aperta un’indagine e la cosa sta andando avanti per cui la roba è abbastanza di sostanza e non di segnalazione”. Dunque, Ernesto Palermo è tra loro, tra quei personaggi che “gravitano nella cosa”. Eppure, nonostante Rusconi sia formalmente a conoscenza dei legami e delle connessioni, fissa un appuntamento quello stesso giorno proprio con Ernesto Palermo. “Tremava come una canna, balbettava”, è la drammatica descrizione che Ernesto Palermo fornisce di lì a poco al compare-tassista Antonello Redaelli, che nella società Lido di Parè Srl ha prestato il nome -come Saverio Lilliu (e la sua convivente)- per celare Mario Trovato.
Aver (di nuovo) trasmesso informazioni sensibili all’interessato (Palermo), però, è l’ennesimo errore (o cortesia) di Marco Rusconi. Il consigliere comunale lecchese, infatti, avverte chi può, cercando poi di costruirsi uno schermo tramite una nuova utenza telefonica temendo (e immaginando) d’esser intercettato.
Il bersaglio di Palermo da quel momento (6 luglio 2011) diventa la Prefettura di Lecco. Secondo il Gip, il presunto ambasciatore della famiglia Trovato “attiva tutte le sue conoscenze per avere delucidazioni su quanto stava avvenendo” dalle parti di Corso Promessi Sposi. Ha un aggancio chiamato Giuseppe. Il 6 luglio mattina il “contatto” è già a bordo della BMW di Palermo, che si è appena offerto di dargli un passaggio al lavoro. Non è ancora arrivato il certificato antimafia, si lamenta il consigliere comunale di Lecco con il conoscente-contatto, che replica: “Ma l’antimafia da me in Prefettura o al Tribunale?”. “No in Prefettura”, gli spiega il primo. “E dammi nome e cognome”, suggerisce il presunto funzionario prefettizio. “Lido di Parè…lo guardi subito Giusè?”, continua Palermo, “Ora ti chiamo”, è la risposta. “Si può sveltire questa cosa”, chiede Palermo, “Sollecito”, sembra impegnarsi il tale “Giuseppe”. È un buon contatto “Giusé”, perché nel giro di quattro minuti scende dall’auto di Palermo, entra in Prefettura, timbra il cartellino, controlla e rientra in auto con la risposta: “i carabinieri…l’informativa dei carabinieri sta aspettando”. Bingo. Prima delle 9 Mario Trovato -fratello del boss Franco e dominus dell’operazione Parè- è a conoscenza delle indagini in corso, che di fatto rallentano l’ok al certificato antimafia. “Ho paura che mi mandano in prigione”, si lamenta l’ultima della lista dei prestanome della Lido di Parè Srl, inserita in corsa per la fedina penale inservibile di Saverio Lilliu.
Nella mattinata inoltrata è ancora una volta “Giuseppe” a battere un colpo a Ernesto Palermo. Lo chiama dalla propria postazione in Prefettura. “Perché c’è qualche indagine? Che c… c’è?” chiede preoccupato il consigliere a Lecco. “Eh va beh le indagini si fanno sempre va bene?” è la risposta criptica di Giuseppe -che secondo il Gip è “con tutte le cautele” la soffiata per la quale “evidentemente vi sono indagini in corso”-. Ad ogni modo, conclude il contatto in Prefettura di Ernesto Palermo, “telefonicamente non si possono dire tante cose però ti dico solamente che devi avere pazienza”.
Pazienza di cui, giustamente, non può godere Marco Rusconi, l’ex sindaco di Valmadrera, dalla qual “clemenza” tutto è cominciato. “È un bel pasticcio” si sfoga il 9 luglio al telefono con Mario Anghileri, primo presidente della Provincia di Lecco. Costui è un riferimento importante per Rusconi e, secondo la sintesi contenuta in ordinanza, fonte di consigli utili: “Mario (Anghileri, ndr) dice che ha fatto anche lui delle verifiche e che alla fine dovrebbe andare a parlare con questi (Redaelli, Lilliu, convivente di questo, ndr) dicendo loro che ci hanno provato e che se non si fossero accorti di nulla avrebbero chiuso non uno ma tre occhi ma visto che la Prefettura ha segnalato questa cosa il comune prende in carico le cose e si chiude”.
Chi parla con Rusconi -o con il Prefetto-, quindi, sa che cosa c’è sotto. Ed è in questo spezzone della vicenda che ritorna anche il sindaco di Lecco, Virginio Brivio, con il celebre sms del 18 luglio indirizzato a Palermo: “Ciao parlato con prefetto per vicende lecco accennato Valmadrera pare . Se vuol ne parliamo ma non al telefono ma stasera in consiglio. Sento anche marco .”. L’esito dell’incontro in consiglio, secondo Palermo, è preoccupante, e lo scrive a Redaelli: “Siamo nella merda se vengono li non ci fanno respirare finito di parlare adesso con virginio”.
Che significava allora “siamo nella merda”? Che cosa venne a sapere durante quel consiglio comunale l’insegnante-portatore d’interessi Ernesto Palermo? E da chi?
(foto da La Provincia di Lecco)
Saltiamo oltre, fino al 29 luglio 2011. Pochi giorni prima è stata trasmessa l’informativa atipica della Prefettura che di fatto certifica le connessioni tra la Lido di Parè Srl e la ‘ndrangheta; il capo di gabinetto della Prefettura Stefano Simeone aveva ribadito chiaramente all’ex sindaco di Valmadrera Marco Rusconi di non darne copia a nessuno. Accade il contrario. Rusconi chiama Palermo: “gli è arrivata la roba della prefettura -è la sintesi in ordinanza- ed è molto critica ed è riservata a Rusconi Marco perché ha nozioni di polizia ed è bella pesantina”.
Quanto questo fosse oscuro a Ernesto Palermo non è dato saperlo, per il semplice fatto che -come scritto- aveva già potuto contare su quella che il Gip ha definito “connivenza e complicità di dipendenti della stessa [Prefettura, ndr] tra cui un certo Giuseppe non meglio identificato contattato al fine di essere informato sugli sviluppi della informativa antimafia”. Inoltre, ci sarebbe stato un altro impiegato “addetto all’ufficio certificazioni antimafia che risulta avere effettuato accessi al sistema SDI (la banca dati delle forze dell’ordine, ndr) non inerenti all’attività d’ufficio”.
Un’altra goccia inquietante nello specchio d’acqua torbida di Metastasi che richiede un atto forte da Corso Promessi Sposi, per spazzare via il sospetto che qualche infedele funzionario faccia (e abbia fatto) il doppio gioco.
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