Wall Street: che cosa succede al bando?
Duole dirlo ma sul destino della “nuova” Wall Street siamo stati preveggenti. Nel capitolo finale del dossier storico sul bene confiscato di via Belfiore che presentammo alla fine di febbraio di quest’anno scrivevamo infatti: “Tira una brutta aria sul bando del Comune di Lecco. Poche e confuse idee rischiano di produrre pochi e confusi risultati. E non sarà un tardivo, scorretto e improvvisato coinvolgimento di cooperative o associazioni a bando preconfezionato e pubblicato a risolvere l’impiccio”.
Come avevamo amaramente previsto, il bando indetto a gennaio dal Comune di Lecco non avrebbe visto presentarsi offerte valide. S’è fatto di tutto per evitare di perdere la faccia ma l’improvvisazione, come si sa, è consigliera perfida. L’unica offerta presentata entro il termine del 20 marzo scorso da tre associazioni (la milanese Olinda, l’Arci Lecco e L’Altra Via di Calolziocorte), infatti, potrebbe non avere i requisiti richiesti, risultando così inammissibile. A pesare, il fatto che una delle tre firme è stata apposta in calce all’offerta senza il mandato e la legittimità statutariamente previsti. Il motivo della nostra preoccupazione l’abbiamo esplicitato nelle segnalazioni (allegate qui di seguito) che abbiamo protocollato in Comune il 2 e 16 aprile. In maniera trasparente.
2 aprile 2015, la prima segnalazione:
16 aprile 2015, la seconda segnalazione. Il presidente dell’associazione interessata riconosce di aver firmato l’offerta senza il mandato previsto dallo statuto che gli associati si sono dati. Non è un problema burocratico, tant’è vero che il 16 aprile stesso l’assemblea dei soci -interpellata per avere una legittimità in sede di consiglio direttivo- respingerà la proposta di dare mandato al consiglio direttivo stesso (tutt’altro che favorevole a) di “ratificare” la forzatura.
L’ultimo beffardo epilogo della ventennale vicenda dell’ex pizzeria del clan Trovato travolge così gli artefici della propagandata “pizzeria della legalità”, una soluzione che ha trovato più spazio sulla bocca dei politici (e i loro malcapitati biografi) piuttosto che nelle carte di un progetto credibile e realizzabile. Ne è la prova inconfutabile il fatto che al momento della sua traduzione pratica -e cioè attraverso un bando che non abbiamo esitato a criticare in maniera documentata- nessuno, e oggi possiamo dirlo con certezza, ci ha creduto. Nessuno.
Addio dunque alle promesse della “prima pizza sfornata con l’inizio di Expo”, magari in piena campagna elettorale. A qualcuno, probabilmente, toccherà ritirare le già pronte cartoline elettorali ritraenti l’insegna di “Wall Street” (a proposito di strumentalizzazioni). Ne gioverà l’ambiente.
Il pasticcio non è in carico soltanto a chi materialmente ha presentato un’offerta rivelatasi poi sghemba, magari all’ultimo minuto. La vera responsabilità del fallimento di tutta l’ipotesi “pizzeria della legalità”, fin dal suo concepimento, è sulle spalle di chi, limitandoci benevolmente all’anno scorso, non è stato capace di coinvolgere minimamente la città nell’elaborazione di un’idea. Qualcosa cioè che andasse oltre alle sette pagine vuote della “mera ipotesi progettuale” nata nelle porte chiuse di Libera, che ha smosso, come visto, il nulla. Il problema sta nelle fondamenta, non nel tetto.
Eppure il tempo a loro disposizione è stato notevole: il 20 maggio 2014 il consiglio comunale approvava il “progetto” di Libera. Il 26 giugno successivo veniva sottoscritto il protocollo d’intesa per la destinazione. Nel gennaio 2015 veniva pubblicato poi il bando. Quanti momenti pubblici di confronto e coinvolgimento autentico sono stati organizzati? La risposta è simile all’esito del bando: zero assoluto. Non ci hanno creduto nemmeno loro, figurarsi chi avrebbe dovuto rischiare in proprio.
A questo punto non resta che augurarsi che tutta la partita “Wall Street”, come avevamo già richiesto in tempi non sospetti, venga congelata e che i protagonisti del disastro -l’attuale Amministrazione comunale e i suoi partner in primis- si astengano dal prendere nuove iniziative. L’auspicio è che chi verrà dopo, indipendentemente dal risultato elettorale, possa finalmente accettare di discuterne con modestia con quelle realtà del territorio che hanno tristemente intravisto i problemi e suggerito percorsi di buon senso.
Il bando senza offerte valide su “Wall Street” sarebbe il monumento a tre anni e mezzo di comunicati stampa e chiacchiere. E comunque, ora basta, non ci crede più nessuno.
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