Metastasi, i fatti raccontati dalle intercettazioni
A quasi due anni dall’esplosione del “caso Metastasi” e dagli arresti dovuti all’inchiesta antimafia della Procura di Milano sui presunti interessi criminali legati al pratone del lido di Parè a Valmadrera, registrati nell’estate 2011, possiamo ricostruire come sono andati i fatti. E smentire, una volta di più, la “favola dell’ingenuità”.
Iniziamo dalle mosse, i consigli e le strategie di alcuni protagonisti della vicenda che non sono stati indagati e che in questi mesi hanno raccontato alla cittadinanza versioni contraddittorie e che, oggi, possiamo dimostrare essere infondate. Non interessa affatto il profilo penale di questi comportamenti, quanto piuttosto l’evidenza (e gravità) pubblica dell’atteggiamento di chi nega l’innegabile, specialmente se amministratore o funzionario pubblico.
È la voce degli interessati a dipingere questo triste scenario, come dimostrano le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche o ambientali depositate a processo che abbiamo letto, rendendo di fatto impossibile opporre nuove falsità.
Per iniziare è utile ricordare una risposta che il sindaco di Lecco Virginio Brivio diede cinque giorni dopo l’arresto tra gli altri del sindaco di Valmadrera Marco Rusconi -che la Procura di Milano accusa di aver aggiustato la gara per l’affidamento del Lido e per questo ne ha chiesto la condanna a 8 anni-. È il 7 aprile 2014 quando Brivio, che in questi anni ha raccontato alla Città di aver semplicemente “aiutato”, da “ingenuo”, il collega Rusconi alle prese con una grana amministrativa, alla domanda “Cosa disse, a suo tempo, a Rusconi?”, risponde così: “Di avere coraggio. Su questa questione c’era stato un confronto con il Prefetto, Marco Valentini, e lui stesso aveva anticipato che valeva la pena rischiare di finire di fronte a un giudice per la richiesta danni della società, usando però l’atipica per la revoca, pur con la sua debolezza” (Giornale di Lecco, 7 aprile 2014).
Rusconi, com’è noto, era alle prese con un pasticciato bando di gara che aveva portato, tra primavera ed estate 2011, all’aggiudicazione provvisoria del pratone a favore della Lido di Paré Srl, società finita di lì a poco sotto la lente degli investigatori per presunti collegamenti sospetti con supposti appartenenti alla ‘ndrangheta locale. Il pasticcio (supposta turbativa d’asta) era dovuto tra le altre cose ad un cambio in corsa nella Srl: a poche settimane dall’esito della gara, infatti, era giunto in Comune il casellario giudiziale dell’allora amministratore unico, Saverio Lilliu (arrestato e sotto processo con Rusconi, il pm ha chiesto 11 anni). L’assessore al Commercio del Comune di Valmadrera ebbe modo di definirla una “menata con il coso di Parè”, riferendo allo stesso Rusconi che “È arrivato il casellario giudiziale di uno. Ti ho avvertito che c’era qualcosa”. I precedenti di Lilliu avrebbero infatti pregiudicato l’aggiudicazione della concessione.
Tenere a mente questo passaggio è fondamentale. Dopo aver saputo della “menata”, Rusconi incontra quasi subito l’ex consigliere comunale Pd di Lecco, Ernesto Palermo (arrestato anche lui nell’aprile 2014 e condannato in primo grado per turbativa d’asta ed estorsione a 6 anni e 8 mesi) che, all’epoca dei fatti, ricopriva l’insolito ruolo di punto di contatto tra l’amministrazione e la Lido di Paré Srl. Lo informa dell’inghippo e gli suggerisce una strategica modifica societaria: far uscire Lilliu e sostituirlo strumentalmente con la compagna dello stesso Lilliu, incensurata.
Di quell’incontro centrato sulla grana dei precedenti di Lilliu, il giudice per le indagini preliminari dell’inchiesta ha fornito un’efficace descrizione: scrivendo di “un palese trattamento preferenziale nei confronti di Palermo, come del resto confermato anche nei successivi atti”, visto che il sindaco di Valmadrera aveva “comunicato” “una causa di esclusione dalla aggiudicazione e consentendo a Palermo di mettere riparo alla situazione creatasi”.
Peccato che il “trattamento preferenziale” favorì una compagine sulla quale la Questura di Lecco aveva aperto un faro, informando la Prefettura che nel frattempo era stata chiamata a inviare al Comune di Valmadrera il certificato antimafia: “Non si possono escludere eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa in relazione a nuove richieste di autorizzazioni e/o licenze da parte di Lilliu Saverio per poter intraprendere nuove attività commerciali nel territorio di questa Provincia”, riporta in estate la Questura al Prefetto.
Volendo credere a Virginio Brivio, ci si dovrebbe attendere dalla lettura delle conversazioni telefoniche quell’invito al “coraggio” -sbandierato ad arresti avvenuti sul giornale-, senza dubbio alcuno sulla strada da intraprendere: la revoca dell’aggiudicazione, costi quel che costi.
Purtroppo è vero il contrario. Brivio -come dimostrano le carte- non solo non suggerì a Rusconi la revoca, ma, fatto gravissimo e inaudito, era a conoscenza a sua volta del “suggerimento” che il sindaco di Valmadrera aveva dato qualche mese prima al gruppo della Lido di Paré. È Rusconi stesso a confermarlo, preoccupato che un eventuale ricorso o una causa in tribunale con la società potesse squarciare il velo. Del resto, già dai primi giorni di luglio aveva saputo dal Prefetto che “dietro quel giro lì c’è il giro di Mario Coco (Trovato, ndr)”, fratello del boss Franco Trovato. Della modifica suggerita l’allora sindaco di Valmadrera ne parla anche alla moglie, il 4 agosto 2011. “La mia preoccupazione è che se parte il ricorso […] questi (i membri della Lido di Paré, ndr) potrebbero tirar fuori il fatto che il passaggio societario gliel’abbiamo indicato noi”.
(L’estratto della conversazione tra Marco Rusconi e sua moglie, 4 agosto 2011)
La moglie ne conviene. Come lei, ben due settimane prima, l’aveva saputo (di nuovo) anche il sindaco di Lecco Brivio, che smette così definitivamente i panni (finti) dell’ingenuo all’oscuro dei trascorsi, finendo tristemente per smentirsi.
È il 22 luglio 2011, in serata. Rusconi e Brivio discutono di Paré, dell’eventuale causa civile o penale intentata dai soci della srl, che a quella data ancora non avevano aperto l’attività pur avendo realizzato alcuni interventi. Brivio, da giorni, sta mediando (o “mitigando”) per un’eventuale accordo tra le parti per scongiurare le carte bollate (e i contenziosi derivanti).
Ad un certo punto della conversazione, Rusconi afferma: “Il problema è quella roba lì, che… che ti ho detto anche l’altra volta, cioè il fatto di avergli suggerito noi la modifica”. A quell’informazione capitale (che Rusconi stesso sostiene di aver già fornito a Brivio, probabilmente di persona), il sindaco di Lecco replica: “L’importante è che non ci sia nessun consigliere tuo che faccia cazzate, di maggioranza e di opposizione, corte dei conti e cose del genere”.
(L’estratto della conversazione tra Marco Rusconi e Virginio Brivio, 22 luglio 2011)
Non solo. La versione di Brivio crolla anche a proposito del presunto sprone alla revoca. A Rusconi, quello stesso giorno, racconta infatti di aver parlato con alcuni rappresentanti del gruppo della Lido sostenendo che “Conviene eventualmente sedersi attorno al tavolo, capire cosa questi possono portar via, recuperare subito e cosa il comune può metter lì”.
Il dichiarato invito al coraggio nell’insistere sulla revoca, rischiando richieste danni, non c’è stato. Rusconi spiega a Brivio d’essersi convinto a evitare altre “menate”. “La soluzione migliore -dice Rusconi a Brivio- è saltarne fuori così, giustificando un… un riconoscimento economico. A meno che poi te, ma magari poi trovi qualcuno che alcune cose le rileva e poi a limite il delta è molto limitato, no?”. Brivio non suggerisce alcun “coraggio”, non insiste affatto sulla revoca. Concorda con Rusconi, e replica: “Certo, certo”.
Chi avrebbe dovuto rilevare l’esistente e ripianare parte dell’esposizione dei soci della Lido? Una soluzione la ricorda proprio la moglie dell’ex sindaco di Valmadrera, al telefono con il congiunto. È il 4 agosto 2011. “Ma tu gli hai detto al… a Redaelli che… della storia di consolida o no?”, chiede la moglie. Rusconi replica: “No, no, no, no, gli ho detto che stavamo verificando la possibilità che qualche terzo potesse ritirare la cosa. Punto”. Non è chiaro se con quel “consolida” si debba intendere il consorzio di cooperative del territorio (Consolida).
Il filo diretto non è soltanto tra il sindaco di Lecco e il collega di Valmadrera. Come detto, un ruolo strategico nella partita del Lido è giocato da Ernesto Palermo, all’epoca consigliere comunale del Pd. Si ricordi la versione raccontata dal primo cittadino di Lecco alla cittadinanza: “valeva la pena rischiare di finire di fronte a un giudice per la richiesta danni della società”. Peccato però che il 23 luglio 2011, a poche ore da un incontro che lo stesso Brivio aveva appena avuto in municipio a Lecco con uno della Lido di Paré Srl -Antonello Redaelli che Brivio stesso definiva con Rusconi “prestanome” il quale “se non è lui ha dietro gli altri”-, Ernesto Palermo si faccia vivo. Chiama il “suo” sindaco. Brivio: “Pronto?”, Palermo: “Ascolta. Facciamo l’opzione B, nel senso quella che avete fatto stamattina con lui, di chiuderla a quella cifra lì”. E Virginio Brivio: “Va bene”. “Eh, e chiudiamo e ci mettiamo una pietra sopra. Però faglielo fare tutto per iscritto e coso, ed evitiamo il tutto”.
Di quale “coraggio” stiamo parlando, dunque? Di quale “revoca a tutti i costi” si è parlato a sproposito in questi due anni?
Ma non è solo la “favola dell’ingenuità” di Brivio a crollare sotto il peso della stessa voce degli interessati. Le trascrizioni delle conversazioni consentono oggi di avere uno spaccato anche dell’operato in quell’occasione di una parte della Prefettura di Lecco. In particolare, dell’allora (e attuale) capo di gabinetto Stefano Simeone. Come Brivio (“valeva la pena rischiare di finire di fronte a un giudice per la richiesta danni della società, usando però l’atipica per la revoca, pur con la sua debolezza”), anche Simeone ha da sempre sostenuto che il sindaco di Valmadrera fosse certo della strada della “revoca”, forte addirittura del sostegno promesso da Corso Promessi Sposi, visto “che non sarebbero stati soli, quanto a consulenza tecnica e giuridica” (Giornale di Lecco, 14 aprile 2011).
La lettura delle conversazioni tra Rusconi e Simeone lascia sconvolti.
È il 20 luglio 2011, pochi giorni prima che il sindaco di Valmadrera riceva la già citata informativa atipica della Prefettura che evidenzia i supposti collegamenti sospetti tra una parte della squadra del Lido e la criminalità organizzata. Rusconi è in difficoltà, la società aggiudicataria (provvisoriamente) scalpita per aprire ma il Comune non può sottoscrivere il contratto “definitivo” perché in attesa del certificato antimafia della Prefettura. Simeone chiama Rusconi, spiegandogli che “vorremmo veramente evitare che poi il comune passi un guaio”. “Il prefetto è stato molto chiaro -dice Simeone a Rusconi- nel dire: ‘Bisogna, sapendo queste cose, allora bisogna trovare una via d’uscita e chiaramente non è legata ai rapporti’ (cioè al merito dell’informativa atipica, ndr), perché altrimenti noi ti facevamo una informativa normale”. “Ti dicevamo: ‘Tu non puoi’. E chiaramente tu stavi a posto”, sempre Simeone. Rusconi non è “fermo” per caso, e cerca di spiegarlo all’ufficiale prefettizio: “Ti interrompo solo su questo. Il problema nostro, adesso, è che non possiamo addivenire alla firma del contratto perché non ho la dichiarazione antimafia, capito?”. E Simeone: “Non ti devi preoccupare su questo”. Ed ecco la spiegazione: “Quell’altro comune, ti faccio l’esempio pratico, aveva avuto, aveva… aveva chiesto l’antimafia a febbraio e aveva dei contributi regionali che chiaramente scadevano a marzo. E mica è stato fesso! Quello ha pigliato i contributi ed è andato avanti logicamente. Nel momento che ha pigliato i contributi, non è potuto più tornare indietro. […] Quindi, l’antimafia a te non ti serve”. E ancora: “Rusconi, devi farlo il contratto”. Il sindaco è combattuto, intuisce quel paradosso che definirà via sms a Brivio un “cerino in mano” lasciatogli dalla Prefettura.
Sa che l’iter dell’attività che prevede la somministrazione non può “camminare” senza certificato antimafia. Ed è lui a ricordarlo all’allora capo di gabinetto: “Scusami, ti…. ti interrompo solo due secondi per dirti questo. Noi… noi eravamo rimasti fermi perché, essendoci anche somministrazione, visto che loro hanno un’attività poi di… di… di… di bar, eccetera, l’antimafia, mi dicevano i miei uffici, che era obbligatoria. Per quello che noi siamo rimasti fermi”. Risposta di Simeone: “Ah, per il fatto della somministrazione è obbligatoria?”.
(L’estratto della conversazione tra Marco Rusconi e Stefano Simeone, 20 luglio 2011)
Contraddicendo quanto dichiarato pubblicamente dopo gli arresti, da Corso Promessi Sposi non giunse affatto l’invito a procedere senza se e senza ma alla revoca facendo leva sull’informativa atipica. Anzi. L’invito era duplice: sottoscrivere il contratto o fare retromarcia “se ci sono altre possibilità, perché […] utilizzando solo questa strada della atipica chiaramente è più rischioso, darà luogo a un contenzioso e via dicendo”. Appigliarsi all’atipica era “rischioso” per la Prefettura, dunque, al contrario di una “uscita legale”. Ancora Simeone: “Legale, cioè nel senso che trovi, nell’ambito dell’accordo, un’escamotage, un difetto e via dicendo, il discorso è valido, ma altrimenti rischi dei danni al comune, in ogni caso”.
È con questa schiera di cattivi consiglieri che Marco Rusconi –contrariamente a quanto fatto dal collega lecchese, come abbiamo raccontato qualche mese fa– procederà comunque alla revoca, quindi al temuto contenzioso -nonostante l’avvocato Mario Anghileri l’avesse rassicurato (“tu pensi che oggi siano così matti da finire in una roba del genere con i pregressi che hanno?”, le parole che Rusconi riporta alla moglie)-, fino alla vittoria al Tar. Tre anni più tardi arriveranno le manette.
Ciò che resta scolpito, al di là della sentenza, è che l’aiuto ingenuo raccontato dal sindaco di Lecco non c’è mai stato. Si è trattato piuttosto di un maldestro tentativo di scaricare gravissime responsabilità politiche.
Ci auguriamo che, con due anni di ritardo, la cittadinanza possa trarne le conseguenze.
Qui Lecco Libera
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