Bione: preoccupante e inaccettabile la “caccia al corvo”
Sta succedendo qualcosa di preoccupante intorno alla vicenda del Bione. Da circa un mese, una fonte interna al Comune di Lecco ha scritto a tutte le autorità e ad alcuni giornali locali allegando documentazione rivelatrice sulla pessima gestione del “caso” del centro sportivo. Un contributo di straordinaria importanza senza il quale l’opinione pubblica lecchese non avrebbe mai potuto conoscere nel dettaglio lo stato dell’arte.
Alcuni degli organi di informazione locale a cui era stata indirizzata la prima parte di documentazione -quella sulle proroghe illegittime, sui pareri dei dirigenti contrari alle scelte politiche di un’amministrazione insufficiente e così via- hanno ignorato il contributo informato della fonte. Probabilmente perché l’avevano ritenuto “ostile” al quieto operare dell’amministrazione comunale.
Siamo dovuti intervenire noi, dopo un’attenta verifica. Solo allora, quegli stessi organi di informazione hanno deciso di seguirci a ruota.
Poi però è successo qualcosa. L’affare della non balneabilità della piscina del Bione che la stessa fonte ha dettagliatamente segnalato -c’è una lettera dell’ATS Brianza che parla-, ha fatto infuriare Sindaco e Giunta. I quali, in totale disprezzo della legge in discussione al Senato sui cosiddetti “whistleblower”, coloro cioè che segnalano dall’interno potenziali abusi o che comunque rompono il muro d’omertà nella pubblica amministrazione, hanno scatenato un fuoco censorio nei confronti della fonte.
In questi giorni, il quotidiano La Provincia di Lecco -tra i primi destinatari della documentazione, che però ha ignorato- è arrivato a definire “talpa” e addirittura “corvo” una fonte dimostratasi attendibile e precisa (e comprensibilmente preoccupata di tutelare la propria identità). Ne ha pubblicato in prima pagina nome e cognome (veri o finti che siano, poco importa) nell’ambito di un articolo casualmente privo di firma (chi mai scriverà più a un giornalista che brucia una fonte in questo modo?).
Il Sindaco di Lecco, intervistato oggi senza contraddittorio su quello stesso giornale sotto al titolo “Caccia al Corvo” (giusto per non enfatizzare un inaccettabile clima di controllo), ha parlato di “un signore che sta facendo di tutto per fare del male alla città”, invitandolo a “venire allo scoperto”. Come se il problema del Bione non fosse la fallimentare gestione amministrativa e politica di questi anni, le fiabe raccontate all’opinione pubblica, l’assicurazione mancante dall’ottobre 2015 (secondo la stessa Avvocatura del Comune di Lecco), le vetrate cambiate in tutta fretta dopo mesi di segnalazioni cadute nel vuoto, la croce buttata addosso ai dirigenti dal ceto politico inadatto, le autorizzazioni in tema di sicurezza che ancora mancano a 10 anni dalla stipula del contratto. No, il problema del Bione è chi ha consentito di far un po’ di luce. E che dunque merita manganellate mediatiche stile “Sbatti il mostro in prima pagina” in qualità di “corvo che vola sul Bione” (il titolo della Provincia di oggi).
È bene che il novello Tribunale dell’Inquisizione sappia che a Milano, non su Marte, è attiva una piattaforma del Comune che tutela i segnalanti grazie anche all’operato dell’Ong Transparency International. Anche l’Autorità nazionale anticorruzione, come spiega nelle sue Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblower), si è presa l’onere di prendere “in considerazione anche le segnalazioni anonime, ove queste siano adeguatamente circostanziate e rese con dovizia di particolari, ove cioè siano in grado di far emergere fatti e situazioni relazionandoli a contesti determinati”. Ma forse anche Raffaele Cantone è amico dei “corvi” e delle “talpe”.
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