Lecco: un territorio violato

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Può un territorio essere usurpato e sfruttato fino a cambiarne morfologia e caratteristiche? Qual’è il limite accettabile tra la necessità di sfruttare l’ambiente per i nostri bisogni ed il nostro benessere ed il rispetto della natura atto a preservarne bellezza e qualità? Può l’uso di soluzioni del passato sopraffare le moderne tecnologie solo per meri interessi economici? Lecco, la sua provincia ed i territori limitrofi hanno pagato in questi decenni il proprio progresso economico con un intenso sfruttamento dell’ambiente. Un dazio forse dovuto, ma che al giorno d’oggi non può continuare ed aumentare forte delle nuove tecnologie, delle scoperte fatte in campo medico relativo all’impatto dell’inquinamento sulla salute, della coscienza civile di un uso più equilibrato delle risorse.
La dura realtà è sotto i nostri occhi, talmente vicina e presente che forse non ci rendiamo conto di tutto quello che ci circonda.

Cementeria Holcim di Merone
L’azienda svizzera da decenni sfrutta il nostro territorio con insediamenti sui monti Cornizzolo e Barro, ma pochi sanno che la cementeria di Merone brucia nel proprio stablimento rifiuti urbani e speciali (residui peciosi, oli usati, fanghi da depurazione, farine e grassi animali ecc.).
E’ notizia di queste settimane che la Holcim ha ottenuto il via libera dalla Regione di bruciare più di 100 mila tonnellate all’anno di rifiuti, inquinando più di quanto prevede la legge europea: il carbonio organico potrà essere scaricato in atmosfera 5 volte oltre il limite, gli ossidi di zolfo 4 volte tanto, gli ossidi di azoto per il 50 per cento oltre il limite.
A gennaio 2007 il senatore Gianpaolo Silvestri, vice-presidente della Commissione igiene e sanità del senato, ha presentato un’interrogazione in cui chiede al ministro dell’ambiente di indagare sull’operato della Holcim.
Lo scorso 18 giugno un grave incendio si è sviluppato nel silos di stoccaggio dei fanghi di depurazione. Il caso vuole che il giorno stesso la multinazionale abbia segnalato alla Provincia e all’Arpa di Como il mancato funzionamento, causato da un fulmine, del sistema di monitoraggio delle emissioni. Cos’è veramente successo durante l’incendio? Che cosa è fuoriuscito dai camini quel giorno?

Cave di Galbiate e Civate
Basta alzare lo sguardo verso le montagne per farsi un’idea della ferita inflitta ai nostri amati monti: uno squarcio frutto di anni e anni di scavi, estrazioni, esplosioni, smottamenti che si pensava potessero presto terminare.
Invece la cementeria Holcim tenta di aggredire ulteriormente il nostro territorio contro ogni interesse che non sia il proprio tornaconto economico.
Poco tempo fa è riuscita a strappare un accordo a Provincia, Comunità Montana e Comune di Galbiate per scavare in Valle Oscura un milione di metri cubi in dieci anni vanificando il tentativo di recupero del Monte Barro.
Il progetto di aprire un nuovo fronte estrattivo sul Cornizzolo è fortunatamente al palo grazie soprattutto alla mobilitazione dei cittadini, delle associazioni e delle Amministrazioni di Civate e altri comuni. Ma nel piano cave della Provincia di Lecco è sempre prevista una riserva estrattiva sopra San Pietro al Monte su terreni in buona parte già acquistati dalla Cementeria di Merone.
Chi ci cava dalle cave?

Traforo del Barro
Il traforo del Monte Barro è un’arteria di grandissima importanza che congiunge Milano alle provincie di Lecco, Sondrio e alla parte nord-ovest della bergamasca.
Una densità di traffico e un grado di inquinamento inferiore forse solo alle tangenziali milanesi.
Un tratto di strada che rappresenta efficacemente il degrado ambientale e la situazione della viabilità della nostra zona, soggetta, come dimostrano recenti e tragici episodi, ad incidenti anche di elevata pericolosità.
Una migliore manutenzione, un migliore controllo, una seria politica dei trasporti pubblici potrebbero potrebbero entrare nell’agenda politica dei nostri rappresentanti?

Impianto di compostaggio e nuovi insediamenti
Se la situazione attuale è sotto gli occhi di tutti, il futuro potrebbe offrirci amare scoperte.
A breve dovrebbe entrare in funzione il centro di compostaggio ad Annone Brianza,sempre ad opera di Silea, che permetterà di risolvere in un modo ambientalmente compatibile lo smaltimento della frazione umida dei rifiuti. Purtroppo la zona scelta per far sorgere l’impianto fa pensare ad uno studio di impatto ambientale non efficace. Inoltre le previste 20 mila tonnellate annue di materiale trattato sembrerebbero non sufficienti e probabilmente Silea richiederà alla Provincia di raddoppiare tale quantità entro il 2009.
Tra Molteno e Bosisio Parini c’è la zona del mais, una delle ultime aree verdi della zona, soggetta ad alcuni vincoli paesaggistici e ambientali, racchiusa tra due corridoi ecologici e vicina al torrente Bevera: qui la Provincia vorrebbe far sorgere un nuovo polo industriale cementificando 250 mila metri quadri. Ce ne domandiamo l’utilità visti l’attuale periodo di recessione economica e le numerose aree dismesse in questi anni che potrebbe essere riqualificate.
Mentre a Torre de’ Busi si pensa di costruire un forno inceneritore a biomasse, nella vicina provincia di Como si riaccendo i riflettori sulle ipotesi di apertura di nuove cave nella piana d’Erba in località Lambrone e ad Asso nella frazione di Scarenna.

Fino a quando noi ed il nostro territorio dovremo pagare?

Un pensiero su “Lecco: un territorio violato

  • 19 Marzo 2008 in 11:59
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    Poniamo molta attenzione anche a quello che succede poco sopra germanedo. stanno completamente smantellando il monte magnodeno.

    da leccoprovincia.it:

    “Pensa che sono talmente agosciato dalla rovina di quella zona che evito di andarci a passaggiare per non ritrovarmi di cattivo umore.
    E’ impressionante soprattutto il fatto che dalla città quell’enorme buco non si vede più di tanto
    (e dire che già sembra enorme). Visto dall’alto la cava è molto ma molto più grande.
    Il fatto è che questi furboni della cava (o furbetti come si dice oggi) tengono in piedi la parete di roccia sopra la località “Carbonera” che, se da un lato mimetizza la voragine dal basso, dall’altro la non visione completa della cava da parte dei lecchesi non li rende consci di certo del problema che si stanno mangiando una montagna.
    Infatti il problema è assolutamente ignorato dai lecchesi, come se quella montagna non esistesse.
    Facciamo gli scongiuri ma mi risulta che i padroni della cava abbiano acquistato anche parte dei boschi di Campo de Boi !!! Per farci che cosa è facile intuire.”

    Ogni giorno che passa mi convinco sempre di più che il nostro essere cittadini acquista un valore solo quando coincide con l’essere elettori. Ringrazio Leccoprovincia.it per averlo riportato.

    Daqvide Bernasconi

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