Il presidente di tutti (o quasi)
Renato Schifani è stato da pochi giorni eletto – con 178 voti – Presidente del Senato della Repubblica Italiana.
Il Senato – in passato – era la camera di nomina regia, una sorta di camera alta. Dopo l’introduzione della Costituzione repubblicana (1948) venne mantenuta – anche se divenne d’elezione democratica e popolare – poiché s’era convinti che tutelasse ogni tipo di rappresentanza nel Paese.
Il Presidente del Senato è la seconda carica dello Stato – dopo il Presidente della Repubblica.
Il telegiornale diretto dal benpensante, americaneggiante, democratico e prostrato, Gianni Riotta (Raiotta per gli amici intimi), in onore del neo-Presidente eletto, ha deciso di elaborare una sorta di agiografia da trasmettere all’ora di pranzo per “informare” il popolo su chi siede sullo scranno di Palazzo Madama.
Come al solito, in pure stile Rai Uno, i fatti snocciolati ricordano gemme d’inchiesta alla Enzo Biagi.
Segni particolari, degni di nota, emblemi di valore politico, umano e morale, secondo Riotta sono : “tifoso del Palermo”, “s’è tagliato il riporto su consiglio del presidente Berlusconi”, “padre di due maschi”, “siculo”. Insomma, un uomo perbene. Un uomo degno di rappresentare il Paese e di occupare la seconda carica più importante della nostra italietta.
Domanda spontanea : avrà detto tutto il TG1? Avrà evidenziato tutti i meriti e demeriti del Presidente Schifani?
Informandosi superficialmente si può tranquillamente sapere che, insieme a Maccanico, Schifani è autore del celebre “Lodo” che impediva di processare le più alte cariche dello Stato (cinque in totale). Lodo puntualmente dichiarato incostituzionale.
Firmatario di tutte le leggi “vergogna” – quelle scordate da Walter in campagna elettorale – e protagonista delle peggiori uscite su magistratura, immigrati e “morbo comunista”.
Informandosi in maniera più fine, però, si scorgono – tra le verità omesse dal Tg governativo – particolari inquietanti del Renato nazionale.
Si parla di “zona grigia” – per dirla alla Peter Gomez. Si tratta di storie oscure, incerte e dense di sospetto.
Si scopre che – nel 1979 – insieme ad Enrico La Loggia (Fi), Benny D’Agostino (imprenditore condannato per concorso esterno in associazione mafiosa), Nino Mandalà (boss mafioso di Villabate, condannato a 8 anni per mafia), Giuseppe Lombardo e Ignazio Salvo (capi della famiglia mafiosa di Salemi), Renato Schifani ha creato una società di brokeraggio assicurativo dal nome Sicula Brokers.
Oltre a questa “partnership” discutibile, Schifani diverrà pure consulente all’urbanistica del comune di Villabate – la cui giunta fu sciolta nel 1999 per mafia.
Il pentito Francesco Campanella – al cui matrimonio parteciparono Cuffaro e Mastella – autore materiale dei documenti falsi di “zio Binu” (Bernardo Provenzano), afferma che il piano regolatore di Villabate venisse redatto sotto la supervisione di Schifani e su indicazioni precise del boss Mandalà (lo stesso della Sicula Brokers) dal momento che nell’edilizia la mafia intravedeva un business assai redditizio.
Per queste dichiarazioni, il “nostro” Presidente del Senato, ha annunciato querele ai danni del Campanella.
Una banale diffamazione per mano di un impostore? Un dato storico di una gravità estrema? Valutate voi…
In questa palude di mezze verità e ombre di sospetto, ha ancora senso nutrire profondo senso dello stato, quando a capo di questo vengono poste persone dal dubbio passato?
Si può pretendere poi che il Paese mostri maturità e attaccamento al viver comune?
Che tipo di “messaggio” trasmettono determinate figure in determinate cariche?
Duccio Facchini
Fonti :
1 : I complici, di Peter Gomez e Lirio Abbate, 2007, Fazi editore.
2 : Se li conosci li eviti, di Marco Travaglio e Peter Gomez, 2008, Chiarelettere.
3 : Tg1, di mercoledì 30 aprile, edizione 13.30
4 : sito del Senato della Repubblica
Il messaggio è chiaro e fa ribrezzo al solo pensarci. Se chiudere gli occhi è grave a mio parere perchè occorre sapere chi ci governa, non rimane che tappare il naso. Grazie Duccio, per le informazioni che ricordi.
Ben felice di leggere questo articolo, soprattutto dopo la chiacchierata di ieri pomeriggio…
Ebbene, come dicevamo ieri, i problemi sono due: 1) questi fanno quel che cazzo vogliono; 2) hanno ceato una situazione tale da perpetuare uno stato di immobilità incredibile. Prova di questo fatto è che loro occupano quelle poltrone, sempre e da sempre…
E inoltre: che messaggio da al resto della popolazione vedere un mafioso o presunto tale lì in alto? Un mafioso… come se fosse solo uno… Facciamo che ne parliamo un’altra voltà, và……………….
Indignazione e anche qualche bestemmmia dopo la lettura di questo articolo… Fai bene a chiedertelo: come si può fare ad avere un senso dello Stato se certa gente rimane impunita, e per di più eletta a queste cariche?
PS: Bravo per le fonti a fine capitoletto, forse dalla “discussione accesa” su Veronesi è nato qualcosa, non solo il regolamento dei commenti ;-)
Bene che si parla di Schifani e del suo omonimo Lodo….
Ottimo mettere le fonti da cui si trae spunto di riflessione…
Ho un libro della Kaos Edizioni da prestarti….(è un pò duro da madar già tutto però….)
sempre Gomez ma con Leo Sisti (inviato dell’Espresso) – anno 1997
(Ti sto inviando un’e-mail visto che non avevi la mia..)
Vi ringrazio per i complimenti e vi invito a monitorare costantemente l’operato di questa “classe dirigente”.
Resto comunque convinto – e mi rivolgo a Zicchiero – che la “casta” per eccellenza rimane e resta la nostra “indifferenza” – mantenuta tale da un tasso di ignoranza emblematico.
In un paese in cui la maggioranza dell’opinione pubblica conoscesse questi fatti – sottolineo fatti – non credo si potrebbe sopportare un simile oltraggio. Alla memoria di coloro che ci sono morti per mafia e per coloro che rischiano la pelle tutti i giorni.
Ma si sa, repubblica delle banane siamo e sempre resteremo.
Du.
Zicchiero?! Zic… :-)
Oh, cmq ne parliamo a voce, se no rischia che succede come al solito, grazie alla grande invenzione della “comunicazione deconestualizzata”…! ;-)
Solo una cosa: la verità credo stia nel mezzo… Indifferenza e pecoronaggine, ma anche gioco sporco loro… sporchissimo.
Grande articolo davvero. Complimenti. Mi rincuora sapere che esisto coetanei come te. Grande tenacia pure di fronte al cavaliere nero.
il fatto è – scusate che intervenga sempre a sproposito e irritualmente – che queste cose SI SANNO!
e il risultato è sotto gli occhi di tutti. Perchè forse per spirito di emulazione, forse per malcelata invidia e mai sopita speranza, vorremmo essere COME LORO.
Mafiosi, corrotti, concussi; legati mani e piedi a poteri la cui estensione e profondità neppure immaginiamo. Però con la gnocca (i maschi) o con l’Uomo potente (le donne); e le auto; e alcuni portaborse da schiavizzare.
E’ questo che mi fa paura (in parte ne ho avuto sentore anche qui, e ne sono stato in parte responsabile): stiamo avviandoci allegramente sul titanic dello scatenamento degli istinti animali – homo homini lupus è stato un detto simbolico anche se scientificamente del tutto fuori-luogo: spesso vorrei essere un lupo in un branco di lupi, piuttosto che un “competitor” tra caimani!
Ho paura della sindrome di Weimar. Ho paura che il liberismo alluda allo sfrenamento della “per-versione” dell’istinto di vita in sadismo. Nessuno sa più costruire nulla; allora gli avvocati, gli editori, i proprietari di televisione; tutti quelli che, una volta tornati a casa, si domandano “che cosa ho fatto?” e mentendo a se stessi si rispondono che hanno “cambiato il mondo” telefonando, scrivendo, stringendo mani; che fanno? Odiano. Odiano chi anche soltanto ricorda che il destino dell’umanità è trasformare il mondo con le proprie mani. E gli uomini di partito – e anche qualche donna – imbolsiti da anni di riunioni fumose, qualcuno anche con problemi fisici menomanti, allora organizzano le ronde (che faranno comunque i manovali della politica) per sentirsi “vivi”.
Cerco sempre di ricordare che dopo il maccartismo c’è stato il Village! – chi sopravvivrà.
“homo homini lupus è stato un detto simbolico anche se scientificamente del tutto fuori-luogo: spesso vorrei essere un lupo in un branco di lupi, piuttosto che un “competitor” tra caimani!”
Questa spiegamela.
albi, it’s easy: l’hobbes intendeva dire che il “patto sociale” si giocava tra puri rapporti di forza; mentre il lorentz, alcuni anni dopo, ha osservato che la gerarchia dei lupi è complessa e non affatto riconducibile alla regola del più forte.
Dopodiché mi fermo, altrimenti polemizzerei come al solito evidenziando la prurigginosa finto-dabbenaggine di certi intellettualoidi abituati ai salotti, il cui concetto di democrazia è ristretto a “quelli che conosco”, peccato! si escludono il piacere di avere rapporti con altri sei miliardi di persone!
Per me la versione più aderente alla “realtà” è a metà tra Hobbes e Rousseau.
Perchè mi hanno cancellato l’altro commento che avevo scritto?