Il piacere della Vergogna
(sopra l’ex ministro Castelli mentre volta lo sguardo di fronte alle violenze di Bolzaneto)
Nella caserma di Bolzaneto, tra venerdì 20 luglio 2001 e sabato 21, sono “avvenuti diversi reati”. La sentenza di primo grado – l’ultimo, purtroppo – sul “girone infernale” di Bolzaneto, per quanto timida, pone definitivamente una pietra di verità giudiziaria su quel che è accaduto quella notte.
La requisitoria dei pubblici ministeri Petruzziello e Ranieri Minati, che chiedevano, per 44 imputati, circa 76 anni di reclusione ed una sola assoluzione, fa rabbrividire.
All’arrivo, gli arrestati venivano fatti scendere dagli automezzi. Ad attenderli vi era quello che Ranieri Minati ha chiamato il “comitato d’accoglienza”. Sputi, insulti, minacce a sfondo sessuale, improperi ed umiliazioni. Per far comprendere meglio gli intenti, i corpi delle forze dell’ordine, ponevano addirittura le vittime in “posizioni vessatorie di stazionamento”. Gambe divaricate, faccia al muro e braccia aperte. Per ore. Sino alla sofferenza fisica.
A testimoniare il tutto è stato l’infermiere Poggi, presente a Bolzaneto. Per la Polizia penitenziaria, quella postura si poteva pure chiamare “la mossa del cigno”.
Nelle celle poi si potevano tranquillamente dispensare pugni, pugni guantati, colpi alla nuca, calci, manganellate e schiaffi. Alcuni testimoni raccontano pure di aver scorto macchie di sangue al loro ingresso in cella. Esattamente all’altezza della testa dei loro “coinquilini”.
Alcuni poi vomitavano; colpiti dall’indegna pratica dello spray urticante.
Nella tragedia v’è sempre il paradosso. I macellai facevano persino ridicolizzare, per bocca delle vittime, Bertinotti, D’Alema e Manu Chao. Carlo Giuliani era morto poco prima. Il corpo dello Stato costringeva quindi ad inneggiare a festa per la sua morte.
Oltre alle minacce a sfondo sessuale, poi, ci si dilettava nel forzare gli arrestati a canticchiare: “1,2,3, viva Pinochet – 4,5,6 morte agli ebrei”. Alcuni ufficiali si telefonavano vicendevolmente. Il fine? Far squillare i proprio apparecchi telefonici per diffondere nell’aere “Faccetta nera”.
Alcuni poi gridavano “viva il Duce”, “viva Mussolini”. I più moderati si limitavano alla venerazione di “Adolf ed i suoi forni”.
Una ragazza, arrestata, veniva costretta a rimuovere il piercing vaginale davanti a 4-5 persone. Il tutto condito dal ciclo mestruale.
Le minacce di violenza sessuale erano sprecate e così pure le allusioni alla sodomizzazione. “Carino il comunista, ce lo facciamo?” esclamavano compiaciuti i macellai innanzi ad un giovane nudo in infermeria.
Un altro ragazzo ricorda d’esser stato pestato a manganellate e bruciato con l’accendino. Sull’occhio gonfio gli ponevano una piccola sacca di ghiaccio.
Il problema? Gli avevano legato le mani dietro la schiena con un laccetto. Risultato: spingere con la testa contro il muro per tenersi il ghiaccio vicino.
Un altro era preso a calci in corridoio e intimato a sbraitare “duce, duce”.
Un’altra ragazza testimonia d’esser andata in bagno. Giunta al lavabo la spingevano di colpo contro i sanitari. La mascella si spezzava. Le risa dei morbosi uomini in divisa no.
“Compagno, io t’ammazzo”, “non sei una cittadina, sei una merda”, “qui faremo come in Kosovo” e così via.
Pochi giorni fa è arrivata la sentenza sull’accaduto nella caserma di Bolzaneto, poi sarà la volta della spedizione ad hoc alla scuola Diaz.
I magistrati hanno formalmente accertato le diverse illegalità avvenute. S’è scelto però di non concedere le aggravanti. L’abuso di ufficio è stato riconosciuto. Non quello doloso, in sostituzione del reato di tortura da noi assente (mai convertito in legge).
Alle vittime è stato concesso – a titolo di provvisionale – un indennizzo economico. Nulla di fronte a ciò che hanno passato.
Dei 76 anni richiesti ne sono stati comminati 24. Dei 45 imputati solamente 15 sono stati condannati. 30 sono rimasti assolti.
Grazie alla prescrizione – che scatterà dal gennaio 2009 – e all’indulto, nessuno di questi farà un giorno di carcere.
C’è una cosa però, in questa deludente sentenza, che getta impietose e gravissime responsabilità politiche dell’accaduto.
I ministeri di Giustizia ed Interni dovranno rispondere in solido – per 4 milioni di euro – con alcuni degli imputati condannati.
Attenzione, si badi bene che non è assolutamente automatico che i ministeri debbano risarcire le vittime.
Il fatto accade quando viene riconosciuta ed accertata una sorta di continuità tra l’operato dei singoli ufficiali e gli indirizzi politici dei vertici delle istituzioni.
Alla guida di quei ministeri ci stavano il lecchese Castelli e il ligure Claudio Scajola.
Castelli, inoltre, stette pure a Bolzaneto per un certo periodo. In concomitanza con le vicende sopra narrate. Come un disco rotto ha sempre ripetuto che mai nulla fosse accaduto. Che lui “non aveva visto nulla di irregolare”.
La sentenza di primo grado lo sbugiarda e, seppur non esprimendo dei giudizi così duri come la requisitoria dei pubblici ministeri, ne evidenzia, sottolineo, le imperdonabili responsabilità. Castelli, presente a Bolzaneto, ha visto tutto quello che accadde. Scelse poi di non denunciarlo mai.
Riporto di seguito ciò che Alfio Nicotra (Prc) ha affermato proprio l’altro ieri: “CASTELLI SI VERGOGNI E CHIEDA SCUSA”.
Un paese senza memoria è un paese senza futuro
Duccio Facchini
Fonti:
1, L’Unità del 19/03/2008
2, L’Unità del 15/07/2008
3, www.pieroricca.org
4, la sentenza di primo grado del processo Bolzaneto
5, la requisitoria dei pubblici ministeri Petruzziello e Ranieri Minati
6, www.supportolegale.org
7, Ufficio stampa Prc
8, Sragione di stato, di Camillo Arcuri, BUR
è una vergogna questa sentenza!!!!
Al posto di epurare le forze dell’ordine da quella feccia che fanno? Li assolvono…
ahi ahi
ahi
purtroppo ce ne s’accorge solo dopo. in nome della “democrazia”.
Ma questi (quelli: e non dimentichiamoci di Napoli, che almeno non ha avuto il morto ma è stato un pestaggio collettivo; e ricordiamoci – o sì! – di montalto di castro nel 1986 o 87, non ricordo bene, e ricordiamoci di TrinoVercellese, dove le forzedellordine sono state più caute, ma ci hanno lasciato camminare venti chilometri nella pianura deserta… per trovare il treno… – ma questi, scrivevo, la demo-crazia non sanno cos’è. Conoscono drammaticamente la bustapaga il ventisette, che è poca, e gli incentivi… “quanti ne hai mazzìati? tot incentivo!”.
Pasolini sarebbe probabilmente morto. Ma quante cose ci ha spiegato, nelle sue poesie!
Non so se Castelli ha visto ma di certo c’è che in quei giorni l’Italia fu tutto fuorché una democrazia, e la responsabilità va prima di tutto al Governo e in secondo luogo a quegli ufficiali delle forze dell’ordine che si sarebbero dovuti dimettere per la vergogna di quello che hanno fatto i loro sottoposti, a prescindere dalla sentenza.
Già che chi veste l’uniforme di carabinieri e polizia inneggi al fascismo ed al nazismo è una vergogna che macchia la Bandiera e la Costituzione, ancor di più lo è se si prodiga in meschine e fascistissime pratiche di violenza e tortura, che non possono avere nemmeno la flebile giustificazione di un fine ,in quanto fatte per il semplice e angosciante divertimento.
Sono disgustato. Spero sinceramente che si vergogni chi fece e chi non fece nulla per fermare.
Tristezza. T r i s t e z z a .
Mi viene da piangere ogni volta che si parla del G8 di Genova. Sono state fatte le cose più schifose di questo mondo, e dove ? in Italia. Nel bel paese ” democratico “.
Quando finirò l’università, andrò a casa di ognuno di questi bastardi a fargli provare ogni cosa che hanno fatto.
Arriverà il giorno che questa feccia sarà riconosciuta come tale e che sconterà la condanna della vera giustizia.
I Black block non li hanno ai presi, li hanno lasciati fare.
Gli sbirri infami li hanno presi e poi lasciati andare, come ben sappiamo.
Ci hanno smenato solo i manifestanti, picchiati e umiliati? Pare di sì.
E il tutto non ha mai scalfito gli 8 “potenti” che si ritrovano periodicamente a decidere per noi e su di noi.
sentenze del genere fanno nascere ferite irrimarginabili…con il risultato che chi è rimasto veramente scosso faccia giustamente da se….
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