Per chi ha voglia di pensare
E’ caduto un albero in mezzo ad una foresta lontana senza che nessuno di noi se ne sia accorto, senza provocare stupore, gioia o dispiacere, senza cambiare la nostra vita o anche solo la nostra giornata, senza fare alcun rumore…però è caduto.
Comunicato stampa: Messico, Oaxaca, uccisa attivista statunitense.
E’ stato ritrovato il 24 settembre scorso, nello Stato di Oaxaca, Messico, il corpo senza vita di Marcela Salli Grace Ellier, cittadina statunitense, 21 anni, attivista da tempo impegnata in quella zona in difesa dei diritti umani e in solidarietà delle donne vittime di violenze e persecuzioni politiche. Ultimamente si stava occupando dei prigionieri politici e delle donne, mogli, compagne, madri, sorelle, figlie dei detenuti e delle persone scomparse o assassinate. Salli aveva raccontato poco tempo fa di aver ricevuto minacce di morte e di essere controllata per questa sua attività che svolgeva unicamente per spirito di solidarietà senza fini economici o politici. E’ stata violentata prima di essere barbaramente torturata e poi uccisa. Il suo corpo, trovato in una zona rurale nei dintorni di San Josè del Pacifico, a circa 170 chilometri dalla città di Oaxaca, era irriconoscibile e in avanzato stato di decomposizione. E’ stato identificato da una amica solo grazie ad un tatuaggio. […]
Una mia amica ha conosciuto questa Salli. Una mia amica ha visto quell’albero cadere. E me l’ha voluto raccontare. Vi riporto le sue parole come le ha scritte a me, senza cambiare una virgola e senza fare commenti. Prendetevi il tempo necessario per leggere con attenzione, perchè non c’è solo rabbia in queste righe, non c’è solo delusione o tristezza, ma c’è qualcosa di molto più importante, di molto più forte: c’è speranza.
Laura Isacco
Vi chiedo qualche minuto di pazienza.
Mi ha chiamato ieri sera Daniele, amico e compagno di Napoli, che è stato con me in Chiapas quest’estate. Mi ha detto che gli spagnoli che erano con noi l’hanno chiamato ieri per dirgli che Salli, una compagna statunitense di 21 anni, un’attivista che era in Messico dal 2006 e che ha fatto la carovana [zapatista] con noi, nelle nostre stesse comunità, è stata trovata morta, violentata, in una capanna vicino a Oaxaca. Al 90% i suoi viscidi, luridi, bastardi assassini sono paramilitari. A parte i ricordi che abbiamo tutti di lei, una persona allegrissima, che ballava le pizziche e tarantelle su ritmi messicani, una ragazza libera, fatta di aria, penso che questo episodio debba farci riflettere e incazzare, ancora di più, ancora e ancora. Eravamo in 400 quest’estate. 400 internazionali. Eravamo una gran forza, e non lo dico con superbia. E’ la realtà. Siamo stati in un contesto di guerra a bassa intensità. Una guerra che va avanti da 14 anni e che non hai mai fatto troppa notizia. E’ una guerra in cui gli indigeni si ammazzano tra loro perché, come sempre, qualcuno dall’alto manovra alcuni di loro comprandoli. Ci sono i paramilitari, ci sono i militari. E la gente muore. E le armi continuano a far da padrone, comandano, decidono le sorti di persone che hanno scuole fatte con assi di legno, di donne che devono usare i loro bambini come scudi per non far scendere i militari dalle camionette ecc ecc. Noi siamo stati lì. E forse non ci siamo resi conto, realmente, della tensione che c’era dietro tutta l’allegria che vedevamo e dietro i racconti di quello che era successo fino a due settimane prima che arrivassimo noi. Siamo stati una forza per loro, perché eravamo tanti e abbiamo dato loro visibilità. Abbiamo raccontato di loro tornando a casa e abbiamo impedito che i militari e i paramilitari tornassero a far casino per un po’. Noi abbiamo protetto loro. Loro hanno protetto noi. Ci hanno lasciato più la loro forza che la loro preoccupazione e tensione costante. Eppure è proprio quest’ultimo il contesto in cui vivono. Un contesto di preoccupazione, tensione e violenza. Un contesto di guerra. Perché quello che è accaduto ieri accade spesso, ma chi lo racconta? Chi lo denuncia? Chi si interessa? Chi problematizza un fatto del genere per poi porsi delle domande più generali sull’esistente? A quanto pare non molti, altrimenti il mondo non sarebbe questo. Tamponare una situazione è diverso rispetto al risolverla. Certo non avevamo la pretesa di risolverla. Non riusciamo a risolvere i cazzi nostri di disadattati globali e italiani… figuriamoci cos’avremmo potuto risolvere lì. Però la solidarietà è importante. E’ un’arma pazzesca. La solidarietà che ci ha portato lì da tutto il mondo, che ha frenato gli attacchi per un po’, che ha protetto noi stessi dagli attacchi e che ha fatto parlare degli zapatisti in vari paesi del mondo per mezzo di varie individualità, è il mezzo grazie a cui in poche ore tutti i compagni che erano con noi, hanno saputo di questa morte atroce. Eppure… l’impotenza è tanta. E di morti così, lì, ne succedono tante, spesso. Eppure, non fanno notizia. Ci sono delle zone d’ombra nei sistemi di informazione mondiali. I media ti dicono a cosa pensare, cosa problematizzare. Ti danno la ricetta per l’uso della tua vita. Tutto in pillole, a piccole dosi, per non muovere le coscienze. Ma cosa cazzo ci stiamo a fare qui? Di cos’altro abbiamo bisogno per incazzarci ancora di più e reagire ancora di più?cosa deve succedere ancora prima che ci decidiamo a fare delle azioni che comportino delle conseguenze, per noi, sulla nostra pelle? Come succede a noi, che siamo circondati di digos, repressi in 9 su 10 delle nostre azioni, ammazzati nella nostra libertà, attaccati da neo-fascisti, altrove accade lo stesso e, come da noi, c’è gente che per la rivendicazione della propria libertà, muore.
E l’altro ieri, a un presidio antifascista, ancora un altro racconto di un compagno romano: un attacco fascista, un altro, in cui un ragazzo si becca 3 coltellate in una coscia.
Un altro? In Chiapas, Juan, condannato per un presunto omicidio (mai avvenuto) e tenuto in carcere 4 anni (liberato poi all’improvviso) tra pestaggi, due settimane immerso in una latrina, e minacce rivolte a sua moglie e ai suoi figli.
Un altro? A Milano un migrante ammazzato a sprangate per essere straniero, non per dei biscotti (e se anche fosse che abbia rubato dei biscotti?), ma perché nero; l’ultima cosa che si sente dire prima di entrare in coma è “negro di merda”.
Un altro? A Imola quest’estate, sul treno Ancona-Bologna, un naziskin accoltella un compagno di 20 anni. E scappa.
Un altro? Chiapas, una madre viene rinchiusa in carcere per 3 anni, anche lei accusata di un omicidio mai compiuto; le impediscono di vedere i suoi figli per 3 anni.
Un altro? Ogni giorno, mentre giro per strada, mentre vado in università, mentre vivo la “città aperta”, mi accorgo della distanza che c’è tra le persone, dell’odio dilagante, della violenza gratuita. Ogni giorno mi sembra sempre più dura camminare dalla parte opposta, e farlo realmente. Ogni giorno creare rapporti umani, ponti di mani e sentimenti e non di soldi, diventa qualcosa degno di essere segnato sul calendario come un evento. Ogni santissimo merdoso giorno ce n’è una, e possiamo far finta di non vedere, finchè non tocca a noi. Possiamo continuare così, come siamo, merda anche noi. Perché le cose continuano a succedere e io mi sento impotente, oggi più che mai. Chiapas, Italia, luoghi distanti… eppure la repressione e la violenza di stato sono dappertutto, lì come qui. E non abbasserò mai più la testa, non barrerò mai più nessuna scheda elettorale, perché la mia coscienza non si sistema così, come neppure la vostra, ne sono certa. Abbiamo perso una compagna, violentata. L’abbiamo persa tutti, perché eravamo dalla stessa parte. Come tutti e ciascuno di noi, anche lei crede e lotta per qualcosa che non è la realtà che c’è ora. E ci crede, perché ci ha speso la vita. Perché lei era lì, ma in quel momento poteva essere nello Yucatan, in qualche villaggio turistico, o negli USA. Allo stesso modo, Carlo poteva essere a casa sua, anziché a Genova. Raphael, poteva rimanere in Africa e crepare lì, anziché venire a Bologna dopo aver attraversato il deserto a piedi e il Mediterraneo su un barcone, esser trattenuto e poi sbattuto su un treno per Bologna, arrivare qui e dover dormire due settimane, d’inverno, in stazione e poi sentirsi chiamare negro. Noi potremmo essere altri, e invece siamo così. Siamo irriproducibili, ma contagiosi. E questa continua a essere la forza di chi ha maturato qualcosa, per esperienze che ha fatto o per la coscienza che ha, slegata dalle regole di vita imposte e generalizzate mondialmente. Continuiamo per una strada ripida e teniamoci ben saldi. Sono certa che né a Lecco, né qui, né in Chiapas, né in nessun luogo del mondo dove c’è qualcuno che scuote la testa e non si limita ad abbassarla, sarà un percorso facile. Si continua, forse anche solo per necessità immediata.
“Nella città che puzza da morire
La gente che resiste qua rischia di impazzire
Un po’ d’aria
Voglio una boccata d’aria,
un po’ d’aria
voglio una boccata d’aria”
– Assalti Frontali-
Abbraccio tutte/i.
Ele
Parole importanti…..Fanno riflettere come mille altre che ho sentito o letto…e si arriva sempre alla conclusione che non siamo liberi e che intorno a noi si sta creando un clima sempre più teso e carico di odio.
E questo a chi può interessare?!?!
Alla fine è un sistema creato apposta,cose messe in primo piano rispetto ad altre per poter far reagire le persone secondo un loro scopo….succedono molti fatti…in Italia e nel mondo che hanno bisogno di luce…invece vengono nascosti da altri solo perchè potrebbero “richiamare l’attenzione”.
E pur troppo la maggior parte delle persone crede e, soprattutto, si accontenta di quello che sa e non vuole sapere quello che magari non hanno detto o quello che ci sta dietro.
Fino quando ci daranno il contentino sotto forma di bella macchina o di un bel cellulare da pagare a rate…..o fino a quando continueranno a tirarci scemi con il lavoro che uno a 30 e passa non può permettersi una macchina…figuriamoci una casa…..e impensabile una famiglia………SIAMO SCHIAVI MODERNI.
Produciano…..consumiamo….crepiamo.
Però la prova è questo e come lui mille altri siti seguiti da milioni di persone……….PENSIAMO!!!!!
COntinuate con il vostro lavoro!!!!
GRANDI!!!!
Il paragone Messico Italia mi pare fuori-luogo, due realtà troppo diverse.
E poi tirare in ballo lo spettro del nazifascismo oni due per tre mi sembra la solita demagogia post-sessantottina
mi mancavano proprio le cialtronerie de LaDestra Lecco!
grazie comunque per l’utile funzione di cartina tornasole!
A presto!
“demagogia post-sessantottina” mi sembra un bel 40 ennio “post”! vero è che i fascisti sono fermi al ’22… ma forse è ora di far sapere che il mondo gira!
per esempio, esprimersi nel merito no, eh!?
Condivido il cartina-tornasolismo di quileccolibera: se dà sempre questo grado di acidità, posso stare in soddisfatto ascolto (detto da me, poi!).
In bocca al lupo, ora e sempre Resistenza!
Citateli più spesso gli Assalti Frontali, fa solo bene.