La mafia e gli affari lecchesi: cosa possiamo fare?
Egregio Direttore,
abbiamo letto con estrema attenzione l’approfondita analisi di oggi (giovedì 25/2 per chi legge, ndr) sull’infiltrazione capillare della criminalità organizzata nell’economia lecchese.
Fortunatamente il rapporto del Cnel smentisce chi, gratuitamente, ci tacciava d’esser detrattori della “lecchesità” e dell’amore per il Lavoro che da sempre ha contraddistinto questo territorio. Lo diciamo non da oggi: la nostra città è appettita e da tempo colonizzata da manovalanza mafiosa di origine calabrese che senza l’apporto fondamentale di un corposo nucleo di colletti bianchi e professionisti non avrebbe alcuna voce in capitolo. Il punto di contatto tra mafia e professionisti è dato dalla necessità di ripulire, nella maniera più oliata possibile, ingenti capitali sporchi derivanti da attività ancor più laide. Ed ecco il perché delle società immobiliari, delle finanziarie (in tempo di crisi il prestito facile rischia d’esser una trappola mortale), i bar, le pizzerie, i ristoranti, le macchinette video-poker, il movimento terra, gli appalti.
Tutte fattispecie debitamente affrontate da sentenze sconosciute ai più: l’ultima è Oversize, costata ai mafiosi di nuova stirpe (i Trovato e non solo), tre secoli di gattabuia.
E’ giustissima la denuncia, e qui in città ne abbiamo fatta e ne faremo ancora parecchia, ma è doverosa la proposta. Una proposta che riesca a mettere in crisi il sistema rodato di infiltrazione mafiosa. Un sistema che si basa sull’arma più pericolosa: il silenzio. Il silenzio delle Istituzioni, della Politica e della società civile cosiddetta. Quando c’è silenzio il turbo mafioso entra a pieno regime. La mafia che spara, come ci ha raccontato Gioacchino Genchi l’altra sera, è la mafia che è in crisi. La mafia che sta zitta è la mafia che fattura e che prospera. A colpi di scontrini e ricevute sovrastimate per gonfiare la bolla del riciclaggio.
Bene, per squarciare il silenzio occorrono strumenti e mezzi che la magistratura (benedetti quei magistrati e poliziotti perbene) non è detto che debba e riesca ad utilizzare. Quegli strumenti che soltanto la Politica e l’Amministrazione pubblica hanno, o dovrebbero avere, nel proprio dna di azione civile. Pensiamo, per esempio, a ciò che potrebbe e dovrebbe fare la Giunta che uscirà vincente dalle elezioni di marzo. Dice: ma il Sindaco conta poco o niente. Non è vero.
Perché non lavorare per censire attentamente ciascun bene ed attività confiscata e sequestrata alla criminalità mafiosa lecchese? Basterebbe un lavoro serio e congiunto con la Prefettura di Lecco. Una volta censiti, quei beni, si potrebbe dar vita ad una mappa della memoria storica della città utile per mantenere vivo il ricordo che qui, nella patria del lavoro a tutti i costi, il denaro stuzzica l’appetito di molti. Di troppi.
Perché non creare e implementare uno sportello anti-usura capace di porsi come faro d’aiuto per lavoratori, migranti, imprenditori o cittadini vessati, umiliati, ricattati, minacciati da caporali mafiosi o presunti artisti del prestito facile?
Perché non adoperarsi per organizzare seminari di approfondimento sulla mafia in generale e sull’infiltrazione di essa stessa nel ricco e profondo Nord?
Perché non allearsi con Questura e Prefettura e redigere un dossier, passateci il termine, che riesca a ripercorrere le tappe fondamentali della mafia calabrese nella nostra città? Una pillola per non dimenticare, per restare vigili e consapevoli.
Perché non eseguire una radiografia, come modestamente s’è fatto qualche mese fa, delle attività economiche pregiudicate perché ancora gestite da loschi figuri magari coinvolti in inchieste passate nel dimenticatoio?
Perché non dare nuova linfa a quei beni eroicamente sottratti alla ‘Ndrangheta? Pensiamo alla pizzeria Wall Street prima di tutto, al covo di Franco Trovato, colpevolmente abbandonata – in via Belfiore – alle intemperie, alla sterpaglia e all’omertà di chi preferisce far marcire il ricordo piuttosto che mettergli la benzina di consapevolezza. Non ci sta bene, e lo abbiamo già detto con molta chiarezza tempo fa, che questo tesoro civile (Wall Street) diventi scantinato della Prefettura.
Merita di più. E’ l’emblema della presenza mafiosa, è un monito vivente, “quattro mura” ricche di storia e di fatti che non si possono ridurre ad accogliere qualche mobile prematuramente dismesso. Vorrebbe dire mancar di rispetto a quei magistrati e a quelle forze dell’ordine che hanno lavorato seriamente per disarticolare la rete di Franco Trovato, purtroppo ancora molto forte.
Insomma: un Sindaco, di qualunque colore esso sia, potrebbe e dovrebbe fare moltissimo. Contro la mafia, per la città e il Bene Comune. Senza ipocrisie di facciata, senza voler danzare sul palcoscenico dell’antimafia circense. Con un lavoro serio, magari dietro le quinte. E vedrete che la ‘Ndrangheta se ne accorgerà.
Qui Lecco Libera, Esserevento.it