Botte di ferro

Nonostante qualcuno l’abbia generosamente definito il “miglior Ministro degli Interni” della Repubblica, Roberto Maroni resta fedele al mandato. Costruisce giorno per giorno la sua fama di nemico numero uno della mafia a suon di speculazioni politiche su brillanti operazioni delle Forze dell’Ordine sane di questo Paese. Quando invece si tratta di censurare un intero sistema fatto di reclutamento e formazione che fa acqua e sangue da tutte le parti, eccolo ritornare in prima fila tra i più biechi e ottusi difensori della Vergogna. Il pestaggio della Diaz al G8 di Genova, che ci era stato raccontato dai media e dalla classe parlamentare come un’operazione estrema ma legittima dei tutori dell’Ordine, è stato riconosciuto dalla Corte di Appello di Genova. I responsabili, almeno da un punto di vista giudiziario, si sono visti condannare.

In un Paese normale, ce lo diciamo spesso, qualcuno consegnerebbe dimissioni e chiederebbe umilmente perdono alla cittadinanza intera. Del silenzio, manco a parlarne.

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