La Gazzetta di Lecco e il sopralluogo (su misura) al “Wall Street”

“Wall Street: 12 anni dopo la confisca. Da pizzeria ad archivio di Stato”

Così il settimanale locale “La Gazzetta di Lecco” uscito quest’oggi. Protagonista del box in prima e delle due pagine iniziali del giornale è il celeberrimo bene confiscato alla ‘ndrina di Franco Trovato, l’ex pizzeria “Wall Street” di via Belfiore.

Il reportage è firmato a quattro mani da Katia Sala e Laura Achler; quest’ultima, durante il telegiornale di Unica di venerdì sera, aveva promesso la rivelazione di “particolari inediti” riguardo l’ex roccaforte del boss mafioso.
Dopo aver letto con attenzione il pezzo, possiamo dire che i “particolari inediti” non sono altro che un azzardato mix di errori marchiani e sviste gravissime. Per non citare la china censoria nei confronti delle battaglie di Qui Lecco Libera che ha intrapreso il “settimanale del sabato” (mai citata, neanche in questo caso).

Partiamo dal principio: il box in rilievo inserito nella prima pagina.

Si afferma che “delle erbacce che invadevano il vialetto d’ingresso, ormai non vi è più l’ombra. Segno tangibile che la struttura finalmente non è più abbandonata all’incuria nella quale è rimasta dal 1992”.
Si omette di ricordare che quelle stesse erbacce regnavano certamente fino allo scorso settembre. Averle fotografate c’è costato una denuncia penale. Per non parlare delle pulizie ad hoc effettuate poche ore prima dell’arrivo della troupe della Rai di qualche settimana fa. Sorprendentemente, però, Sala e Achler si guardano bene dal ricordare l’episodio, sposando la linea prefettizia della “vittoria di Stato”.

Ancora in prima pagina scrivono che “nel mese di marzo l’immobile di via Belfiore, confiscato a fine anni Novanta, è infatti passato nella disponibilità della Prefettura cittadina”.
E’ falso. Il bene confiscato di via Belfiore è passato alla Prefettura nel gennaio del 2010 e non in marzo. Per evitare scivoloni sarebbe bastato rileggere la delibera che ha sancito lo scambio-baratto firmata dal Commissario Prefettizio Sante Frantellizzi.

La singolare intesa tra le firme del reportage e la posizione di Corso Promessi Sposi non è terminata. Come il dottor Valentini, anche Sala e Achler prediligono la trovata del magazzino-deposito. “Una soluzione di ripiego, ma l’unica possibile ora e comunque in grado di rendere fruibile quello che è il simbolo del potere della ‘Ndrangheta a Lecco”. E’ facile confondere i virgolettati dei difensori dell’operazione con il resoconto giornalistico dei fatti.

Le marchiane sviste di questa curiosa affinità di letture non sono finite. Purtroppo.
Si legge: “Nel mese di marzo, grazie ad una permuta con l’Amministrazione guidata dal Sindaco Virginio Brivio, l’immobile […] è passato nella disponibilità della Prefettura”.
Lo scambio-baratto, deliberato nel gennaio ’10, non ha coinvolto minimamente il Sindaco Virginio Brivio e l’Amministrazione eletta dai cittadini lecchesi. Inoltre, sebbene il Sindaco sia uno tra i più strenui sostenitori dell’operazione che più di 2.500 cittadini (snobbati da “La Gazzetta di Lecco”) hanno contestato, la cosiddetta “permuta” (non esiste alcun contratto di permuta, ci auguriamo sia un sinonimo di “baratto” o di “scambio”) è avvenuta tra il Commissario Prefettizio (il cui Vice-commissario era il dottor Stefano Simeone) e l’allora Prefetto Nicola Prete (il cui Capo di Gabinetto era ed è il dottor Stefano Simeone).

Ancora: “Sono trascorsi dieci anni dall’ultima volta che una troupe di giornalisti è entrata nel Wall Street”. A dire il vero, senza voler mettersi sullo stesso piano delle due giornaliste del settimanale locale, quegli “aggressivi” rappresentanti di Qui Lecco Libera ci sono entrati nel marzo scorso, durante sommarie pulizie primaverili. Ne è uscito anche un video-resoconto dello scambio-baratto. Ne sono uscite anche alcune fotografie pubblicate addirittura da “L’Infedele” di Gad Lerner: trasmissione a cui, se non ricordiamo male, parteciparono tra il pubblico anche le puntualissime Sala ed Achler.

Nonostante tutto, però, Sala e Achler tranquillizzano i lettori: “Scattiamo fotografie e filmiamo con la telecamera tutto ciò che si presenta ai nostri occhi”. Beate loro. Alla nostra identica richiesta, poco prima del sopralluogo di giovedì 16, il Prefetto Valentini ha opposto un secco diniego. Come mai? Come mai le due autrici del reportage non hanno ritenuto opportuno sentire anche la nostra versione dei fatti, oltreché un giudizio critico – ma documentato – sullo scambio da loro elogiato (a suon di errori)? Stando alle fotografie pubblicate da “La Gazzetta di Lecco”, inoltre, la “Wall Street” pare in perfetto ordine. Sarà perché mancano all’appello 3/4 dei locali?

Intorno alla metà della prefettizia cronaca dei fatti, Sala e Achler vengono trafitte da un fulmine marzulliano. Si fanno una domanda e si danno una risposta, guardandosi bene dal sentire posizioni fondatamente alternative seppur fuori dal coro.
“Il rischio è che rimanga soltanto un magazzino”. Davvero? L’illuminazione ha vita breve: “Un accomodamente di ripiego, ma comunque migliore dell’abbandono”. Parole del Prefetto? No, delle due giornaliste. Non che il giornalista debba esser neutrale, per carità, però un pizzico di imparzialità farebbe bene alla professione. Chi lo dice che senza l’archivio, anche dal mattino successivo, “Wall Street” sarebbe costretta all’abbandono? La Prefettura, non la realtà dei fatti. E’ logico ed elementare che gli autori di un’opera ne difendano la bontà. Sta al giornalista cercare di offrire il quadro più definito possibile per articolare un’analisi critica.
“Sarebbe impensabile per il Comune mettere a disposizione risorse ad hoc (per sistemare “Wall Street”, nda)”. Le stesse risorse che, a causa di una decisione miope e ben poco trasparente, rischiano di andare a saldare onerose ipoteche?
Non è problema di Achler e Sala. E poi quali risorse? Il Prefetto, anche nel pezzo de La Gazzetta di Lecco, ha appena confermato la spesa di 128.000€ per rendere sicuro il bene per il personale. Siamo davvero convinti che il Comune di Lecco non fosse riuscito a raccimolare 200.000€ per sistemare – com’è stato fatto – “Wall Street”?

Non è finita. “Di certo, il Prefetto Valentini ha saputo imprimere un impulso determinante alla pratica Wall Street, visto che l’ex ristorante versava da quasi vent’anni in uno stato di progressivo degrado”.
No, a dire il vero il super-Prefetto Valentini è atterrato tra i comuni mortali lecchesi nell’agosto scorso. Non si comprende dunque quale “impulso” abbia potuto “imprimere”. Ci si riferisce forse alla denuncia per “invasione di edifici”? Quello sì che è un “impulso determinante”. E’ all’ex Prefetto Nicola Prete e al dottor Simeone che si deve la paternità dello scambio-baratto-pastrocchio. Il Prefetto Marco Valentini si è limitato a conservare, accelerando la pratica una volta gonfiatasi la bolla mediatica (snobbata da La Gazzetta di Lecco) successiva alla denuncia di cui sopra.

Katia Sala e Laura Achler, con tutto il rispetto, arrivano tardi e ci arrivano malamente. Così male da riservare persino una stoccata  (involontaria?) al patrimonio civile costituito da “Wall Street”. In un piccolo riquadro intitolato “l’ultimo simbolo” c’è scritto: “Girando per i locali, ci siamo accorti di una “svista” (detto da loro!, nda) da parte degli attuali “proprietari” […]. Su una porta a vetri, è stata infatti dimenticata la scritta che dava il nome al quartier generale del capo della ‘ndrangheta (vedasi la fotografia di marzo pubblicata in alto al post, nda). Ma siamo certi che sarà tempestivamente rimossa”. E perché mai? Perché gli “attuali proprietari” dovrebbero distruggere la memoria civile di quel bene confiscato? Perché nascondere il passato, travolgere la storia, nascondere la polvere? Quella scritta non solo deve essere mantenuta, deve essere reinserita laddove è stata scioccamente rimossa. Solo così sarà possibile sancire l’effettiva vittoria dei cittadini, altro che stemmi e stemmini messi all’ingresso!

Potremmo andare avanti ancora. Abbiamo voluto chiarire le imprecisioni e gli strafalcioni più rilevanti per puro dovere civico, a proposito di “linguaggio della verità”.

Qui Lecco Libera

Un pensiero su “La Gazzetta di Lecco e il sopralluogo (su misura) al “Wall Street”

  • 18 Dicembre 2010 in 16:51
    Permalink

    L’aspetto che fa girare le balle, ma ad elica supersonica, è che le balle, le imprecisioni, la pochezza e l’evidente incapacità di fare degnamente il proprio mestiere delle due giornaliste, con difficoltà potrà essere conosciuto dai cittadini e dai lettori della stessa gazzetta.
    Si fanno forti di una diffusione che QLL non può raggiungere.
    Di questa diffusione se ne serve, con altrettanta poca e nulla dignità il Prefetto Valentini debole con i seri e forte con i servi.

    Sfruttano entrambi, Gazzetta e Prefetto, (ma anche il sindaco Brivio) questo aspetto e la malattia dell’assuefazione di troppi alle balle delle Istituzioni e dei giornalicchi. Un contagio così leggero e condiviso che passa, ne è riprova la diffusione della Gazzetta, ormai, per benigna. E invece lascia, dove passa, un vuoto per giuta diffusamente apprezzato, come i buchi nel gruviera.

    La dimostrazione della poca serietà della Gazzetta l’avremo, come riprova, fra 7 giorni: quando non pubblicheranno le correzioni.
    Che non sono dovute a Qui Lecco Libera, ma ai lettori, ai cittadini.
    Un giornale che china il capo davanti alla propaganda delle Autorità, della politica, prono per non smarcherare la poca trasparenza e le vergogne di un fatto comunque “minore” di quale dovere deontologico, figuriamoci coraggio civile, può mai essere capace? L’umiliazione della verità, della legalità comincia sempre dai gradini più bassi.

    E quello che fa girare le balle ad elica supersonica è che alla città anche questo fatto resterà sconosciuto.

    paolo trezzi

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