Alessandro Sallusti
Questa sera [mercoledì 20 febbraio] il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, è passato da Lecco per una serata (flop) del Pdl lecchese. Siamo andati anche noi, con un piccolo volantino informativo di cui riportiamo qui il testo integrale. All’uscita dalla sala, Sallusti s’è fermato presso lo striscione preparato ad hoc, chiedendo fosse scattata una foto.
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“Protagonista suo malgrado di una vicenda kafkiana, che ha gettato una luce sinistra sui rapporti tra giustizia e informazione, il Direttore de Il Giornale approfondirà, con l’acutezza e la passione che lo contraddistinguono, la situazione politica del nostro Paese”.
Il Pdl lecchese presenta così il giornalista Alessandro Sallusti, anche questa sera gradito ospite presso la corte berlusconiana. Permetteteci di dissentire. Alessandro Sallusti non è affatto un protagonista di una “vicenda kafkiana”, quanto l’espressione di un giornalismo da stadio piegato agli umori e ai voleri del Capo. Becero nel bastonare gli avversari, spregiudicato nel coprire ed occultare gli errori/orrori del datore di lavoro. Una volta tanto è stato chiamato a risponderne, avendo fatto scrivere su Libero un “giornalista” radiato dall’ordine perché ritenuto confidente dei servizi deviati del Paese. Protetto da pseudonimo, Renato Farina ha scritto diffamanti falsità a danno di un innocente. Quella volta, però, l’acutezza del perseguitato Sallusti venne a mancare, così come una puntuale rettifica delle menzogne riportate. A pochi passi dalla condanna definitiva, l’imputato Sallusti ha scatenato un polverone su chissà quale “reato d’opinione”, trasformando la libertà di diffamare in prerogativa professionale. Ci è voluta la bontà d’animo del presidente della Repubblica -comunista divoratore di bambini fino a pochi istanti prima- per evitargli i domiciliari al resort Santanché, facendo sì che la pena di 14 mesi di reclusione fosse commutata in una ridicola sanzione (15mila euro, 36 euro al giorno invece che 250). Nessuna persecuzione, dunque. E non lo diciamo perché berlusconiani, antiberlusconiani, bersaniani, montiani, ingroiani o grillini. Lo diciamo perché cittadini affezionati alla libertà di informazione e al diritto di critica, che non possono essere stravolti da chi, spacciandosi per imparziale, non fa che perseguitare quel che non può sopportare: la realtà dei fatti.
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