Piano cave, ecco le (brevi) osservazioni del Comune di Lecco

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(la cava Cornello, 200mila mc previsti nei prossimi 20 anni. Il Comune di Lecco dà l’ok alle quantità, proponendo di cavarli in 5 anni)

Quattro pagine. A tanto ammontano le copiose osservazioni che il Comune di Lecco ha deciso di presentare alla Provincia di Lecco in merito al nuovo piano cave. Il documento è stato presentato alla commissione V sull’Ambiente dello scorso 17 maggio, in attesa della seconda seduta fissata al 22. Eravamo presenti e ne abbiamo recuperato una copia. L’abbiamo analizzata, cercando di comprendere la linea che vorrà tenere il capoluogo.

Se avete già letto le nostre osservazioni saltate al successivo capoverso.
Altrimenti ricordatevi che il nuovo piano prevede tra le altre cose 11,7 milioni di metri cubi di rocce ad uso industriale da estrarre nei prossimi vent’anni a danno del monte Magnodeno, a Lecco. Tre le cave: Cornello (200mila mc), Vaiolo Bassa (3,5 milioni di mc) e Vaiolo Alta (8 milioni di mc). Un piano vigente, non ancora scaduto, e con volume residuo pari a 5,3 milioni di metri cubi. Con richieste delle aziende clamorosamente sovrastimate sia rispetto agli andamenti del mercato (-45% i consumi nazionali di cemento rispetto al 2006, -25,5% gli investimenti in costruzioni), sia per quanto effettivamente cavato negli ultimi tre anni (nella cava Vaiolo Bassa si toccano punte del 151% in più dell’autorizzato rispetto alle reali capacità). Con gravi impatti ambientali e socio-sanitari, sensibili, rilevanti e molto rilevanti (con 8 insufficienze gravi su 13 indicatori messi a punto dagli stessi redattori del piano).

Il duro e rinnovato attacco al monte lecchese Magnodeno è noto. Motivo per il quale ci si sarebbe potuti attendere una reazione compiuta e approfondita da parte del Comune capoluogo, che accoglie il 90% dell’intero piano cave (come volumi estrattivi previsti). In premessa, tocca però prendere atto che, nonostante la procedura del nuovo piano cave provinciale sia iniziata l’8 marzo 2011, il Comune di Lecco è riuscito a mettere a punto soltanto quattro (4!) pagine di osservazioni, avendo inoltre dedicato all’analisi del documento estrattivo la miseria di tre commissioni consiliari (in due anni).

Ma è nel merito che le osservazioni del Comune di Lecco rivelano la loro debole timidezza e la sostanziale confusione, normativa e politica. Andiamo per gradi.

Prima di annunciare i tre obiettivi, l’Amministrazione comunale scrive (pag. 1, terzo capoverso): “Riconoscendo che nel nostro territorio esistono giacimenti di calcare che hanno costituito una fonte di ricchezza con la crescita di una importante industria estrattiva e di trasformazione”. Non è del tutto chiaro a favore di chi, questa “fonte di ricchezza”, abbia portato i propri frutti. Dal nostro punto vista, certamente non al territorio. Che ha perso un pezzo importante di biodiversità. Questione di punti di vista.

Nella parte “Si evidenzia che” si legge (pag. 1, elenco puntato, ultimo punto): “i benefici economici devono essere più equamente ripartiti verso il territorio e i suoi abitanti”. Basterebbe questo approccio per bocciare le osservazioni dell’Amministrazione. Un approccio che non protegge e premia l’interesse comune -che può legittimamente sacrificare quello individuale- quanto un’irrazionale trattativa con il privato -dato già per vincitore e in posizione dominante- pur di raccogliere qualche briciola. Un metodo da barattieri più che da amministratori pubblici. Autentica assicurazione sulla vita per le ditte cavatrici, che potranno sempre agire sulla leva economica per orientare le scelte (o le “non scelte”) della politica. L’unico beneficio -non economico- è dato dalla revoca di questo inutile nuovo piano cave, lasciando scadere naturalmente quello vigente, riqualificando i reali fabbisogni rispettando la normativa regionale e non accontentarsi di “soddisfare” (così sostiene la Provincia) i cavatori. Se ne rende conto il Comune di Lecco?

Analizziamo gli “obiettivi”: 1) Ripristino dei siti assoggettati ad escavazione, 2) Attenzione alla localizzazione, quantità, modalità e tempi di escavazione, 3) Controllo attraverso le convenzioni e definizione delle compensazioni.

Nel primo si legge che le cave “dovranno tornare alla disponibilità dei cittadini attraverso il ripristino durante l’escavazione (ove possibile)”, e ancora, “non sarà possibile la restituzione alla comunità di aree irreparabilmente degradate e inagibili”. Pare riemergere l’idea -di cui è peraltro portatore l’assessore all’Ambiente del Comune di Lecco, Vittorio Campione- che dopo la devastazione possa risorgere una montagna “migliore”. Richieste di tal genere sono tanto sognanti quanto irrealizzabili. Consentire l’escavazione per poi chiedere utopistiche “restituzioni” è una pratica priva di senso, a meno che non ci si voglia in qualche modo giustificare, garantendo ai cavatori quel che si aspettano.

Eppure, nel secondo obiettivo (“Attenzione alla localizzazione, quantità, modalità e tempi di escavazione”), si legge: “Il Piano Cave provinciale deve quindi limitare il più possibile la pressione sull’ambiente lecchese”. Perché non dar concreto seguito a questo principio? “Limitare il più possibile” non significa “restituire”, significa “limitare il più possibile”. Anche in questo caso, è la revoca dell’inutile piano la mossa conseguente. Al contrario, tenendo fede al tipico cerchiobottismo che purtroppo caratterizza l’Amministrazione, si scoprirà di lì a poco che in nessuna cava, salvo la Vaiolo Bassa, si chiederà una reale riduzione dei quantitativi.

Cava Cornello (per la sua scheda dettagliata rimandiamo alle nostre osservazioni, da pag. 22). Il Comune di Lecco (pag. 2, ultimo capoverso) non chiede alcuna riduzione dei quantitativi previsti (200mila mc nei prossimi vent’anni), ma di “concentrare l’escavazione del materiale ancora presente nei primi anni”. Perché “a quella data si dichiarerebbe finita l’escavazione, offrendo almeno un primo esempio programmato e condiviso di chiusura con recupero di una cava a Lecco”. Un’operazione cosmetica che, sempre secondo il Comune di Lecco, “potrebbe tornare utile, anche come immagine a Unicalce (quale l’interesse pubblico?, nda), che caverebbe ugualmente, in pochi anni, quantitativi che aveva previsto diluiti in venti anni”. Se avete finito di stropicciarvi gli occhi, passiamo alla Vaiolo Bassa.

Cava Vaiolo Bassa (3,5 milioni di mc nei prossimi 20 anni, per la sua scheda dettagliata rimandiamo alle nostre osservazioni, da pag. 27). Il Comune riconosce (pag. 3, primo capoverso) che il fronte di cava andrà a “intaccare un altro pezzo pregiato di montagna, tra Carbonera e Neguccio”. E si spinge oltre. Prevedendo due ambiti di estrazione (C1 e C2, quest’ultima ex novo e estesa oltre 100mila metri quadrati), il piano cave di fatto concepisce una “cava nuova”. E non lo dice Qui Lecco Libera, lo scrive il Comune di Lecco. Per comprendere questa “bomba” involontaria lanciata da Palazzo Bovara bisogna tornare allo scorso novembre, quando il Consiglio provinciale all’unanimità votò un ordine del giorno che recitava: “Il Consiglio delibera di chiedere alla Giunta di concludere e portare in approvazione il Piano Cave Provinciale escludendo lo sfruttamento di nuovi siti di estrazione”. L’Odg reca in calce la firma di tutti i capigruppo consiliari, compreso quello del Partito democratico. La logica comporterebbe dunque una forte contrarietà all’apertura del nuovo ambito, richiedendone il ritiro. Al contrario, il Comune di Lecco non ne propone alcuna revoca, aggiungendo: “le quantità di cui avrebbe bisogno Fassa (l’azienda cavatrice della Vaiolo Bassa, nda) si possono trovare abbondantemente in Vaiolo Alta, negli ‘scarti’ di Unicalce”. Una “saltuaria fornitura”, quella tra Unicalce e Fassa, che il Comune di Lecco si augura possa rafforzarsi per “evitare l’escavazione” dell’ambito C2. A una prima lettura, dunque, pare che il Comune stia chiedendo di non scavare una parte della Vaiolo Bassa.

Cava Vaiolo Alta (8 milioni di mc nei prossimi 20 anni, per la sua scheda dettagliata rimandiamo alle nostre osservazioni, da pag. 30). In questa parte del “motivo dell’osservazione” relativo al punto due, l’Amministrazione comunale non formula alcuna istanza.

Procediamo ora all’analisi delle “richieste di modifica al Piano”, il punto 2.2 (pag. 3). Il fulcro del documento.

Cava Cornello. È ribadita anche in questo caso l’incomprensibile proposta di scavare lo stesso quantitativo in un tempo minore rispetto a quanto previsto nel piano (5 anni piuttosto che 20). Differenza zero. Salvo far esplodere la capacità di escavazione annua dai 10mila mc su base ventennale previsti ai 40mila su base quinquennale (nel 2010 la quantità effettiva era di 7854 mc). La cosmesi cara al Comune di Lecco potrebbe tradursi in un’intensiva escavazione, cui il fronte non è per nulla abituato, sottoponendolo ad uno stress cinque volte superiore. Peraltro, considerando che il piano cave vigente approvato nel 2001 presenta ancora 8 anni di validità, non si comprende la reale motivazione di concedere un’ulteriore autorizzazione estrattiva della durata di 5 anni.

Cava Vaiolo Bassa. Rispetto a quanto esposto precedentemente, il Comune di Lecco cambia opinione. “Esplicitare che solo dopo aver esaurito il materiale disponibile nella zona C1 si potrà ampliare la nuova escavazione nell’area indicata come C2 a condizione che si proceda con continuità rispetto alla C1”. Ma non si doveva “evitare l’escavazione”, peraltro di una “cava nuova” perciò già stralciata dal Piano, stando all’odg dello scorso novembre? Una riga più in basso aggiunge: “Riduzione sostanziosa dei quantitativi previsti. La riduzione deve essere compensata in misura proporzionale ai quantitativi prodotti dalla cava Vaiolo Alta che non vengono utilizzati da Unicalce (circa 40% di 8 milioni = 3.200.000 mc)”. Non è chiaro se Fassa debba rinunciare a 3,2 milioni di mc (su 3,5 milioni previsti) o in proporzione. Inoltre, è impressionante apprendere dell’entità del quantitativo non utilizzabile (o sprecato) da Unicalce (3,2 milioni di mc su 8) nell’ambito Vaiolo Alta.

Cava Vaiolo Alta. “Può rimanere confermata la quantità prevista”. E si sta parlando di 8 milioni di metri cubi di materiale. Laddove ancora ne rimangono 4,2 milioni dal vigente e non scaduto piano cave del 2001. Nella stessa cava dove le quantità annue richieste nel nuovo piano -e avallate dal Comune- sono del 30% superiori rispetto alla produzione 2009-2010.

La quarta e ultima pagina delle osservazioni del Comune di Lecco è rivolta invece al terzo obiettivo “Controllo attraverso le convenzioni e definizione delle compensazioni”.  Anche in questo caso, al posto di precise e circostanziate richieste si preferiscono proclami irrealizzabili. Ad esempio, “l’aumento dei corrispettivi da versare al Comune, oggi in cifra irrisoria (47 centesimi il mc)”. A parte che, normativa regionale alla mano, l’infimo corrispettivo è di 0,49 euro al metro cubo, che senso ha, all’interno di osservazioni che devono riguardare specifici ambiti estrattivi e sono rivolte alla Provincia di Lecco, fingere di voler agire in voci che non competono assolutamente alla facoltà normativa dell’ente Comune?

Quale poi il senso di proporre “la costituzione di una commissione specifica di controllo dell’escavazione e il rispetto degli obblighi da convenzione, composta da Tecnici e anche da Consiglieri Comunali”? Delle due l’una. O i tecnici delegati, l’assessore competente, la commissione consiliare V (anche) a questo tema rivolta, hanno svolto malamente il loro mestiere -e per questo debbono essere affiancati da un altro organismo inutile-, oppure qualcuno sta proponendo qualcosa che già è previsto. Bluffando.

Non una parola è stata spesa sulla Cava Mossini (550mila mc di ghiaia e sabbia nei prossimi 10 anni, per la sua scheda dettagliata rimandiamo alle nostre osservazioni, da pag. 38). Il Comune di Lecco, infatti, “si riserva di formulare osservazioni insieme ai Comuni più direttamente interessati”.

Detto tutto questo, ribadiamo quanto già fatto all’interno delle nostre osservazioni (ben più approfondite di quelle abbozzate dal Comune di Lecco) protocollate in Provincia di Lecco in data 6 maggio e all’attenzione del Comune dal 16 maggio. Questo nuovo piano cave deve essere revocato e sarebbe buona cosa che il Comune di Lecco fosse in prima linea nel pretenderlo. Facendo riferimento, vista l’esigua attività svolta nelle osservazioni del capoluogo, alle nostre.

Qui Lecco Libera

Ps: Il 20 maggio abbiamo depositato queste contro-osservazioni all’ufficio protocollo del Comune di Lecco. Ora nessuno può dire: “non sapevo”.

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