Wall Street, il nostro dossier
Nella mattinata di venerdì 27 febbraio abbiamo presentato il dossier “Wall Street – Storia di un bene confiscato alla ‘ndrangheta lecchese”. Si tratta della ricostruzione storica quanto più approfondita e dettagliata degli ultimi 21 anni di vita della ex pizzeria del clan ‘ndranghetista dei Trovato.
Scaricatelo, leggetelo e -se volete- distribuitelo a chiunque ritenete possa essere interessato a conoscere passato, presente e prospettive di questo pezzo di territorio lecchese.
Eccone l’introduzione.
Wall Street, è successo
È il 14 ottobre 1991 quando il commissariato di pubblica sicurezza di Lecco inizia a mettere sotto intercettazione l’utenza di una frequentata pizzeria della città, che si trova in via Belfiore 1. La convinzione degli inquirenti di allora è che quello che formalmente è stato assunto dai titolari della Wall Street come giardiniere -Alessandro Nania- sia di fatto il guardaspalle e l’autista di un mafioso, che scarrozza su una Fiat Croma bianca: Franco Trovato. Lo stesso che, il 31 agosto 1992, in quel locale verrà arrestato, con l’accusa -confermata fino alla Cassazione- di aver fondato, organizzato e guidato, dalla metà degli anni 80, uno tra i più influenti triumvirati ’ndranghetisti del Nord Italia, reggente l’associazione “Flachi-Trovato-Schettini”. L’inchiesta che ha portato (anche) al suo ergastolo prese proprio il nome dalla pizzeria, Wall Street.
Insieme all’omologo Portico di Airuno (Lc), Wall Street è stato il locale più importante dell’associazione criminale fondata da Franco Trovato. E, come fosse un riflesso, lo è stato anche per la storia della città che l’ha accolto, frequentato, premiato, confiscato e poi dimenticato, rimuovendone l’esistenza per un periodo lungo vent’anni. Ricostruire oggi la tormentata restituzione sociale e collettiva di Wall Street -come abbiamo cercato di fare in questo approfondito dossier- significa studiare criticamente il proprio territorio, la sua classe dirigente, le sue componenti sociali.
Fino all’arresto del suo padrone -che lì investì almeno 4 miliardi di lire- Wall Street fu un luogo di spaccio di sostanza stupefacente, tenuto sotto controllo dall’associazione criminale onde evitare eccessi, quindi attenzioni. Come riconosciuto definitivamente dalla Corte di Cassazione (1 febbraio 2002), fu il “vero e proprio ‘quartier generale’” e “base operativa” della ‘ndrangheta lecchese. Durante il processo, un collaboratore ritenuto attendibile dalla corte riferì che in una saletta al seminterrato si tennero riunioni operative dedicate alle strategie militari da adottare durante una faida con una famiglia del tarantino. Aver profanato Wall Street, presentandosi armato e chiedendo insistentemente di Trovato, costò persino la vita a Paolo Cirnigliaro (10 novembre 1990).
Lì dentro Franco Trovato diede indicazioni di “non acquistare” droga da fornitori sgraditi, fece convogliare il denaro illecito proveniente dalle attività dell’organizzazione, commissionò, durante un verificato incontro nella fine del 1990, il brutale omicidio di Pasquale Placentino, in Puglia (13 gennaio 1991). E, nel dicembre del 1991, ancora in quel locale, fu Trovato a proporre ad un imprenditore edile della zona invitato a cena di accoglierlo nella propria compagine in qualità di socio occulto. Wall Street, però, per alcuni fu un modello. L’Unione Commercianti retta, negli anni d’oro del locale, dallo scomparso Giuseppe Crippa, deliberò l’attribuzione al ristorante -e alla sua titolare Eustina Musolino, moglie di Franco Trovato- una medaglia d’oro, mentre l’Ordine ospedaliero militare di Betlemme riconobbe a Trovato e al cognato il cavalierato dell’Ordine (sempre su richiesta dell’Unione commercianti). Crippa -definito dal pubblico ministero del processo Wall Street come il “passe-partout” tramite il quale i mafiosi si spacciavano per “imprenditori onesti […] tali da essere […] benvoluti e ringraziati dalla cittadinanza di Lecco”- intrattenne poi rapporti di fornitura con Trovato per la realizzazione di lavori presso il locale di via Belfiore e Il Portico. Rapporti che i giudici hanno stabilito esser slegati da criteri economici di convenienza (“perché il preventivo proposto era superiore a quello di altri artigiani”) ma forti del “rapporto di amicizia che intercorreva tra Franco Trovato e lo stesso Crippa”.
Wall Street fu tutto ciò, ed è giusto ricordarlo, senza retorica o improvvisazione. Ma la sua biografia era ancora orfana di un tassello, che abbiamo provato ad aggiungere ricostruendo, per la prima volta, la “vita” del locale di via Belfiore dopo la confisca (1994). Questi vent’anni di abbandoni, rinunce, scelte sconsiderate. Ma non è di sola (utilissima, tutt’altro che semplice) denuncia che si compone questo dossier. L’ultimo capitolo -nonostante il giudizio fortemente negativo che continuiamo ad avere sul “bando” e sul percorso che l’ha generato- vuole rappresentare il nostro disinteressato, modesto e trasparente contributo alla rinascita civile di quella pizzeria, che dalla “nuova” attività commerciale dovrà trarre ossigeno, ma non per forza dipenderne.
Seppellire questo patrimonio vorrebbe dire annichilire gli ultimi anticorpi, incorrendo in nuove patologie, nuove metastasi.
Pingback: Qui Lecco Libera