Accoglienza diffusa. La Prefettura insiste sull’emergenza?
L’accordo raggiunto mercoledì 2 dicembre dalla maggioranza dei sindaci della Provincia di Lecco per la realizzazione di un sistema integrato di accoglienza per i poco più di 840 migranti richiedenti asilo giunti sul territorio è una buona notizia.
I punti cardine contenuti nella bozza di accordo sottoscritta sono il superamento di un “approccio costantemente emergenziale” -che è poi quello impiegato dalla Prefettura di Lecco negli ultimi 8 mesi-, un effettivo monitoraggio dell’offerta dei servizi in capo ai gestori dei centri e della loro qualità -questione che abbiamo approfondito alla fine di ottobre, chiedendo conto in solitudine dei report mensili previsti dalle convenzioni-, una “distribuzione equilibrata” evitando concentramenti attraverso il coefficiente del 3 per mille (profughi su popolazione residente per Comune) ed una diminuzione del “rischio di un impatto sociale problematico”. Tra gli esiti dovrebbe esserci la “dismissione” del “centro temporaneo” del Bione a Lecco -che attualmente ospita 159 persone dentro dei container- a favore della struttura dell’ex Ferrhotel (proprietà FS) in via Balicco, sempre a Lecco.
L’architrave dell’accordo è una convenzione che dovrà essere definita e stipulata tra Comunità Montana Valsassina e Prefettura che “a partire dal primo aprile 2016” permetterà la “ricomposizione della rete degli enti gestori attraverso procedure di evidenza pubblica”, entro i confini di un’accoglienza diffusa “su tutto il territorio”.
Se all’accordo formale dovessero seguire atti concreti, l’attuale concentrazione che abbiamo illustrato nel grafico di seguito dovrebbe finalmente esser superata. 842 persone -lo 0,2% degli abitanti in Provincia- suddivise in tre ambiti distrettuali, 21 Comuni e meno di 20 enti o soggetti gestori (dati aggiornati al 19 novembre).
C’è un atto però che rischia di contraddire i passi fatti fin qui. Una settimana prima dell’accordo dei sindaci, per la precisione il 27 novembre 2015, la Prefettura di Lecco ha infatti pubblicato un nuovo “avviso esplorativo” per l’affidamento del servizio di accoglienza in favore dei richiedenti asilo. Otto pagine firmate dal prefetto Baccari in cui si legge, per prima cosa, che questo sistema-emergenza è il riflesso della “indisponibilità” manifestata nel gennaio 2015 da parte delle amministrazioni locali ad “assicurare il servizio di accoglienza”. Da quel diniego, secondo la Prefettura, è partito il meccanismo che l’accordo di queste ore punta (con 11 mesi di ritardo) a disinnescare.
Il punto è che la Prefettura ha sostenuto ancora a fine novembre che il “numero di posti” ad oggi garantito “non è sufficiente a soddisfare le crescenti necessità” a causa dell’”intensificarsi degli sbarchi”. Quindi ecco di nuovo manifestarsi quei “presupposti di estrema urgenza” che giustificherebbero l’individuazione di “ulteriori soggetti disponibili ad effettuare il servizio di accoglienza ai cittadini stranieri richiedenti asilo”. Dall’agosto di quest’anno, si legge, la Prefettura avrebbe “chiesto alla Fondazione Arca Onlus -che gestisce il centro del Bione-, di voler mettere a disposizione ulteriori strutture al fine di fronteggiare l’arrivo di ulteriori richiedenti asilo”. Richiesta raccolta soltanto dalla coop. Domus Caritatis, che a Cremeno ospita già 120 persone.
Ed è interessante entrare nel merito di quella che viene definita dalla Prefettura una “indagine conoscitiva” per individuare i nuovi gestori. Regole d’ingaggio sostanzialmente identiche a quelle del bando di febbraio, con caratteristiche del servizio collegate ai capitolati generali del ministero dell’Interno e ai “servizi riportati nelle Linee Guida SPRAR” (queste ultime prevedono “la fruibilità e la frequenza dei corsi di apprendimento e approfondimento della lingua italiana, senza interruzioni nel corso dell’anno, per un numero minimo di 10 ore settimanali”, ampiamente sopperite dall’attività del volontariato). E quindi “assistenza linguistica e culturale”, “servizio di informazione sulla normativa”, “orientamento al territorio” e molto altro per un prezzo massimo di 35 euro pro die/pro capite.
Quello che colpisce dell’iniziativa prefettizia -tanto che qualche sindaco sottoscrittore dell’accordo di mercoledì 2 dicembre confida che venga ritirata-, è l’arco temporale del nuovo affidamento: “Sino al 31.12.2015”. Con l’aggiunta dell’impegno richiesto al vincitore -“se richiesto”- di “proseguire il servizio per l’anno 2016 previa autorizzazione del competente Dicastero”. Una discrezionalità -tipica del quadro emergenziale che tanti danni ha già fatto- che s’allarga grazie alla possibilità di ricorrere ad “affidamenti temporanei in via d’urgenza” individuati dalla Prefettura “a suo insindacabile giudizio”. L’esatto contrario delle procedure ad evidenza pubblica dell’accordo tra i sindaci.
Il conflitto tra i due modelli -accoglienza diffusa e sistema prefettizio- è evidente, e una loro coesistenza è irrealizzabile. Il termine per presentare la manifestazione d’interesse in Prefettura è l’11 dicembre. Che cosa farà ora l’Ufficio del Governo, abbandonerà l’emergenza?
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