Teleriscaldamento SILEA, replica al consigliere regionale Mauro Piazza
Nei giorni scorsi il consigliere regionale Mauro Piazza (Nuovo centrodestra) è intervenuto in merito al progetto di teleriscaldamento legato al forno inceneritore di Valmadrera gestito da SILEA Spa.
Non senza qualche errore grossolano, Piazza ha definito “stonate” e “perentorie” le osservazioni del Coordinamento lecchese Rifiuti zero. Non ne comprendiamo il motivo. Vogliamo innanzitutto ricordare a Piazza (e ai vertici di SILEA, che Piazza difende) che senza l’operato disinteressato e non retribuito di questo comitato di cittadini preoccupati per la salute pubblica e la tutela dell’ambiente, il territorio non avrebbe mai potuto affrontare un dibattito pubblico aperto e serio sul faraonico progetto del teleriscaldamento -54 milioni di euro tra centrale e rete, più altri 20 milioni di euro per aggiornare i forni (come verrà ammortizzato l’investimento?)-. Fosse stato per i vertici della società pubblica partecipata dai Comuni, SILEA, infatti, poco o nulla sarebbe filtrato, tant’è che ancora oggi nessun amministratore ha avuto pubblicamente tra le mani il progetto già affidato.
Dopodiché, nel merito, le affermazioni del consigliere regionale sono le stesse che, da mesi, i fatti hanno già dimostrato esser infondate. Il dato delle “250 utenze” interessate dal progetto è fornito da SILEA, non dal Coordinamento -basta leggersi la documentazione allegata alla proposta di delibera sul servizio di raccolta recentemente approvata dai Comuni della Provincia-. Se davvero il consigliere fosse interessato a calcolare gli abitanti equivalenti, come riteniamo, chieda insieme a noi copia del progetto e la renda fruibile. La “trasparenza” di SILEA, ad oggi, non lo permette.
Piazza punta il dito sul traffico veicolare, cercando di dribblare la luna rappresentata dalle emissioni inquinanti del forno di Valmadrera. Si pensi solo agli ossidi da azoto, le cui emissioni a Valmadrera sono più alte di quelle raccomandate (80mg/m3) ma ovviamente sotto al limite di legge (200mg/m3) che il consigliere pone come target. Siccome gli ossidi di azoto sono degli inquinanti particolarmente pericolosi, proprio Legambiente ha indicato il forno di Valmadrera come un impianto da chiudere a medio termine.
Provando in ogni caso a seguire il dito del consigliere regionale, ci limitiamo a ricordargli che SILEA gestisce un impianto che genera un traffico di oltre 20.000 mezzi pesanti ogni anno, che andrà ancor più peggiorando da oggi in poi con l’incremento dei rifiuti da incenerire accordato dalla Regione.
A proposito di inquinamento: in una delle “prescrizioni generali” riportate nell’allegato tecnico dell’Autorizzazione Integrata Ambientale del settembre 2014 si registrava una “concentrazione di diossine rilevate monte/valle nella roggia affluente del Rio Torto evidenziate da ARPA”, e nell’AIA si era richiesto a SILEA di “concordare con ARPA Dip. Lecco, entro 6 mesi dalla notifica del presente atto, le modalità di predisposizione di uno specifico studio”. Piazza, che è consigliere in Regione (l’ente che ha emesso l’AIA), ha novità circa lo studio sulle diossine nel Rio Torto?
Andiamo avanti: il consigliere sostiene -ricalcando le posizioni dei vertici di SILEA- che “Attualmente il calore prodotto dall’impianto, tolta la parte utilizzata per produrre energia elettrica, viene disperso: si parla di circa 100 mila MW che, venduto mediamente a 85 Euro/MW, porta ad uno spreco di ben 8 milioni e mezzo di Euro”. Attenzione all’unità di misura, consigliere. Il forno di SILEA ha una potenza termica di 50MWt: una parte viene usata per generare energia elettrica (il 20%), un’altra se ne va in rendimenti (il 10% con i fumi e dispersioni termiche). Semplificando, ne rimangono 35MWt termici mentre le slide di progetto del teleriscaldamento presentato da SILEA -che noi abbiamo letto, nelle more che i vertici societari pubblichino il progetto-indicano una potenza necessaria di 75MW. Chi coprirà i MW mancanti? Piazza lo sa?
Ci rifacciamo a un esempio immediato: con una piccola stufa accesa non si può scaldare un appartamento in inverno; ma se quella stessa stessa funzionasse tutto l’anno, il calore prodotto sarebbe equivalente a quello di una caldaia gas accesa per i 4 mesi in inverno.
I 100mila MW citati da Piazza (2.000 volte la potenza reale del forno!) si riferiscono probabilmente all’energia termica necessaria totale (che si esprime in MWora, non in MW) che dovrebbero consentire di vendere calore nei mesi invernali per riscaldare le case. Nei mesi estivi, in tarda primavera ed autunno si continuerà invece a bruciare ai ritmi previsti dall’impianto senza recuperare il calore generato.
Relativamente agli 85 euro a MWh citati dal consigliere precisiamo poi che questa cifra si riferisce al prezzo globale pagato dagli utenti, comprendente il costo di distribuzione e di vendita. Nella suddivisione del prezzo la parte afferente a SILEA è di circa 20 euro, tant’è vero che tra gli allegati consegnati ai Consigli comunali nei mesi scorsi, il ricavo previsto da SILEA è intorno a 2 milioni di euro e non a 8, come riportato anche da Piazza. Tutto il resto finirà nelle tasche della società che si occuperà della rete (società privata o meno che sia). Nel caso poi ci sia un’integrazione con caldaie a gas, una parte di quei ricavi dovrà sostenere la spesa relativa al combustibile utilizzato.
Infine, il consigliere Piazza afferma che sulle sorti del forno “non ci sono preclusioni”. Non possiamo non notare un’incoerenza di fondo. Prima si autorizza al massimo carico termico (cioè 123.000 tonnellate all’anno di rifiuti da incenerire) sino al 2030 e poi si dice che si potrà anche ridurre la quantità dei rifiuti trattati? È una strategia incomprensibile contraria al necessario potenziamento della differenziata e di conseguenza del riciclo e del recupero di materia, che sono cosa diversa dall’incenerire. Anzi, una cosa esclude l’altra.
In ogni caso, registriamo con piacere l’interessamento del consigliere, al quale chiediamo pubblicamente di adoperarsi affinché tutti i documenti e i progetti del teleriscaldamento vengano resi pubblici.