Bione: quel fango sulla fonte per nascondere le responsabilità

I corresponsabili del disastro del centro sportivo “Al Bione”, a carte finalmente scoperte, avevano davanti a sé due strade. La prima: chiarire nel merito. Spiegare cioè ai cittadini 1) come sia stato possibile ignorare (per mesi) le reiterate segnalazioni degli uffici comunali in merito all’illegittimità del contratto di gestione del centro, 2) come sia stato possibile -per quasi dieci anni- sottovalutare il fatto che il Bione fosse stato -e lo sia ancora- del tutto privo dei “provvedimenti positivi in ordine all’agibilità complessiva e all’uso dei locali e degli impianti del Centro sportivo medesimo, secondo le normative inerenti le attività e i locali di pubblico spettacolo, compresa la materia inerente la certificazione per la prevenzione degli incendi” (le parole sono della Giunta comunale), 3) come sia stato possibile tollerare che fin dal 31 ottobre 2015 la struttura sportiva fosse sprovvista della polizza per responsabilità civile verso terzi (come ha riconosciuto l’Avvocatura del Comune di Lecco).

Questi tre punti (ce ne sarebbero altri, sorvoliamo) sono emersi soltanto grazie al contributo coraggioso di una fonte, che ha raccolto, ordinato e reso pubblici atti del Comune e di altri enti relativi ai nodi aperti del Bione. Senza di lei, senza quell’operato “dall’interno” che anche l’Autorità nazionale anticorruzione riconosce e promuove, la città sarebbe ancora ferma alle fiabe del Sindaco. “Una delle più belle strutture dell’intera Regione”, ebbe a dire Virginio Brivio di un centro sportivo le cui vetrate precarie hanno richiesto un intervento di sostituzione in fretta e furia nel gennaio 2017, ovviamente a bubbone esploso.

Ma la strada della chiarezza richiedeva un requisito che gli amministratori locali corresponsabili del disastro non hanno mai avuto: la responsabilità politica.

Ed è in forza di questa mancanza che i protagonisti del disastro hanno scelto la seconda strada. Quella di scartare il merito e gettare fango contro chi s’è azzardato a contribuire a fare chiarezza. Il dito e la luna.

O per mala fede o per ignoranza, si è letto e ripetuto in questi giorni che la fonte avrebbe sparpagliato documenti interni alla stampa locale per puro “sensazionalismo”, per una sorta di “operazione di disturbo”. Un “corvo” che “gira alla stampa documenti dell’amministrazione” per una bassa “operazione mediatica”. Si è dipinta cioè l’immagine (bugiarda) di un personaggio mediocre, interessato solo ad alimentare tensioni intestine con verità parziali.

È bene che i fenomeni del giorno dopo sappiano che la fonte ha informato prima di tutto le autorità competenti. La sua preoccupazione, infatti, era relativa alla legittimità della gestione e alla sicurezza della struttura. Ecco perché, come si può leggere dai frontespizi dei suoi esposti, ha spedito il plico alla Procura della Repubblica, ai Vigili del Fuoco, all’Ats Brianza, alla Corte dei Conti, e così via.

Si tratta quindi di vere e proprie denunce di presunte illegittimità e illiceità e non di semplici veline da “corvo” per la stampa ai fini dello sputtanamento degli amministratori, come invece sostengono alcuni disinformati.

Merita di essere nominato l’assessore ai Lavori pubblici di Lecco, Corrado Valsecchi. “Documenti che arrivano alle redazioni dei giornali o alle associazioni prima che sul tavolo del sindaco, degli assessori o degli stessi dirigenti. Un fatto gravissimo!”, si è lamentato. È l’ennesima panzana. Prendiamo uno degli atti resi “aperti” dalla fonte. È datato 2 novembre 2016, pochi giorni dopo una comunicazione del gestore del Bione nella quale era scritto che “lo stato delle vetrate risulta addirittura peggiorato”. L’allora dirigente comunale Maria Lombardi scrisse in un atto protocollato del Comune che era “indispensabile che vengano adottate tutte le misure volte alla definizione sia della situazione contrattuale che di sicurezza degli edifici”. Quel documento è stato reso di pubblico dominio dalla fonte (non dall’opposizione, allora non pervenuta). E indovinate a chi era indirizzato? Al sindaco e, tra gli altri, agli assessori Valsecchi e Gheza. Valsecchi non è un omonomimo, è proprio lui. Stessa cosa il 20 dicembre, il 21, o il 2 gennaio 2017, con il parere dell’avvocatura inviato anche a Valsecchi. Potremmo continuare. Tutti sapevano tutto e adesso, colti nell’imbarazzo di non aver agito o aver agito male, sparano a zero usando cartucce fallate.

Ma Valsecchi non è sazio: quello che stato definito “corvo” e “talpa” -o “un signore che sta facendo di tutto per fare del male alla città”, per usare le parole equilibrate di un sindaco esperto di buoni consigli, trasparenza nonché “abituato a confrontarsi a testa alta e con la limpidezza degli atti e fatti”, Metastasi docet- starebbe conducendo una “battaglia privata contro l’amministrazione”, violando “regole deontologiche” e “di lealtà verso l’istituzione per cui lavora”. Denunciare alle autorità potenziali illegittimità e illiceità è diventato lesa maestà. Che bel messaggio. Aiuto.

Qui Lecco Libera

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