Mobilità sostenibile: ma anche no!
1. La discussione sulla nostra proposta è iniziata alle 19,30 e terminata alle 23,40.
2. Il Presidente del Consiglio Marelli (Pd) ha convocato una commissione dei capigruppo dove ha imposto che si equivocasse strumentalmente (lì, senza interpellare i proponenti) la natura dell’atto presentato: la lettera accompagnatoria (redatta di fretta il 28 aprile) recitava “petizione” (strumento poco incisivo, 250 firme), il titolo dell’atto recitava “proposta di ordine del giorno”. Salvo Magni (Prc) tutti hanno concordato sulla prima, imposta dal Pd e non concordata con nessuno dei firmatari.
3. Il Pd ha presentato un Ordine del Giorno sconosciuto ai proponenti e a larga parte dei consiglieri di maggioranza in cui si permetteva di “mettere una pezza” all’irricevibile proposta dei cittadini (ritenuti quindi incapaci).
4. La discussione sull’Odg smunto e scarico del Pd veniva prevista prima di quella sulla nostra proposta. Il tutto per evitare di “bocciare” prima e mettere così la bandierina su chissà quale “recepimento”.
5. Magni e Venturini presentano un loro Odg in cui recepivano altre parti della nostra proposta.
6. L’Odg del Pd passava nonostante le critiche della minoranza e dei proponenti.
7. Magni e Venturini ritiravano il loro Odg tra l’ilarità generale.
8. La Lega riusciva a chiedere votazione disgiunta rispetto alla nostra proposta. Da una parte le premesse e dall’altra il deliberato. Senza più alibi il Pd si giustifica dicendo che per “vincoli di bilancio” anche il deliberato non andava bene. Esito: le premesse raccolgono più adesioni del deliberato (8 a 6).
9. Alcuni consiglieri transitavano presso le nostre postazioni e chiedono “scusa” per il teatrino offerto.
La maggioranza di centrosinistra, che in realtà è numerica e non contenutistica, ha “stupito” per come ha respinto la nostra proposta di ordine del giorno. La presunzione professorale e schizzinosa con cui si è barricata dietro l’irricevibilità di una premessa ritenuta “troppo spinta” (quando poi l’han separata dal deliberato han bocciato entrambi, per carità!), la dotta meschinità con cui, per cinquanta minuti, hanno dovuto inventare una conferenza dei capigruppo per cavare un nulla da un burrone, la violenza del ritardo (78 giorni e cinque ore) per trovare il coraggio di dire la verità: ovvero che al centrosinistra lecchese di governo, alla faccia delle promesse elettorali di rinascita e di rivincita, la partecipazione dei cittadini è gradita quando è incanalata. Lo spettacolo indegno delle cinque ore di quest’ultimo consiglio comunale è la cifra autentica della bassezza dell’Assemblea: una maggioranza sdraiata su un modello che ha fatto del conservatorismo, della cerchia allargata ai soggetti privilegiati (consorzi e associazioni predeterminate) e delle stanze chiuse il suo vangelo. Una minoranza cieca che trova la strada (per strumentalizzare e basta) grazie ad un’armata bulgara nei voti ma marziana nei comportamenti.
Vista la tranquillità con la quale è stato bocciato un provvedimento a-ideologico e concreto vien da chiedersi seriamente cosa farsene della motivazione, della passione politica, del rispetto delle regole e del buon senso.
Qui Lecco Libera