Metastasi (rito ordinario), le motivazioni della Cassazione
In 29 pagine di motivazioni, la Cassazione pone una parola granitica sul rito ordinario del procedimento “Metastasi”, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Milano nel maggio 2017 (a carico di Mario Trovato e altri) e dando ancora una volta ragione alla nostra lettura del ruolo del sindaco di Lecco, Virginio Brivio.
Un comportamento penalmente irrilevante, come abbiamo sempre ribadito sin dal momento degli arresti che hanno sconvolto il territorio lecchese (nell’aprile 2014), ma politicamente significativo.
Secondo la Suprema corte, Marco Rusconi, che nel 2011 era sindaco di Valmadrera ed è stato condannato in questo processo a due anni per turbativa d’asta, il 22 luglio di quell’anno aveva “confidato” all’allora (e ancora oggi) sindaco di Lecco “che era stato lui (Rusconi, ndr) a proporre la sostituzione di Lilliu”, che all’epoca (2011, come detto) era rappresentante della società Lido di Paré Srl che concorreva alla gara per la riqualificazione dell’omonimo pratone.
Per usare le parole dell’Appello, una volta saputo che il certificato penale di Lilliu recava una condanna per il reato di riciclaggio, Rusconi avrebbe “precluso l’aggiudicazione” e “suggerito di ricorrere ad una interposizione fittizia dell’intestatario in modo di superare la suindicata preclusione, suggerimento immediatamente recepito dagli aggiudicatari che avevano infatti sostituito Lilliu, quale legale rappresentante della società aggiudicataria, con la moglie dello stesso”.
Brivio -che oggi ha una responsabilità maggiore visto che si trova al vertice dell’associazione dei Comuni lombardi- sapeva (proprio perché glielo aveva confidato Rusconi) della “interposizione”, come conferma quattro anni dopo gli arresti anche la Cassazione. Così come era consapevole a suo stesso dire del ruolo di “prestanome” ricoperto quanto meno da Antonello Redaelli (un altro della “squadra” di Paré), che Brivio stesso decise però di incontrare presso il municipio di Lecco il 23 luglio 2011 -ovvero il giorno dopo l’informazione ricevuta da Rusconi- per parlare della “mediazione”. Cioè della risoluzione dell’inghippo che scoppiò dopo l’informativa atipica della Prefettura di Lecco, dalla quale peraltro emergeva la delicatezza dei personaggi coinvolti. Per usare le parole del sindaco di Lecco, si diede da fare “per cercare di mitigare un pochettino una richiesta”.
Questo è quello che abbiamo sempre evidenziato, sottolineando come non si potesse parlare di “ingenuità” o suggerimenti in buona fede a un amico pasticcione (Rusconi). Ci siamo presi insulti, lezioni e (imbeccate minacce di) querele. Come se la nostra fosse una battaglia personale e non invece un’iniziativa civica contro un modo sbagliato di amministrare la cosa pubblica. Quattro anni dopo gli arresti, la Cassazione conferma la bontà di quella lettura. Che è sempre stata poi la lettura delle carte e della realtà.
Non ci attendiamo scuse: solo responsabilità, tutto qui.
Qui Lecco Libera