Pomigliano d’Arco

da “Il Manifesto” di ieri.

di Sara Farolfi

«Su Pomigliano cadono i veli della globalizzazione», ha scritto con grande efficacia il sociologo torinese Luciano Gallino. «Per almeno due decenni, se non tre, la globalizzazione è stata coperta da ogni velo possibile e ora tutto questo cade perchè l’accordo Fiat dice chiaramente che bisogna produrre alle condizioni a cui producono i paesi emergenti, dove la gente guadagna due, tre, massimo quattro euro all’ora»: «la globalizzazione – dice Gallino – è nuda proprio come l’imperatore».

Invece il ministro Tremonti sostiene che a Pomigliano vince l’economia sociale di mercato, cosa ne pensa?

Temo di non capire cosa c’entri perchè l’economia sociale di mercato è stata quel grande sviluppo che ha conosciuto l’economia tedesca nel dopoguerra, in cui si è dato molto spazio allo sviluppo industriale ed economico e contemporaneamente si sono poste le basi per uno stato sociale ampio e generoso: mercato sociale significa compromesso capitale-lavoro nel riconoscimento della reciproca differenza e anche conflittualità di interessi. L’ipotesi di accordo per Pomigliano invece è per certi versi la negazione stessa di quel compromesso. È una sconfitta del sindacato, un’imposizione dell’azienda di un modo di organizzazione del lavoro che ha successo nel mondo intero e che la Fiat, come anche altre case automobilistiche, vuole riprodurre anche in Italia.

Quali alternative ha il sindacato?

Mi pare che a questo punto siano poche perchè il sindacato è sotto la pressione non solo dei 15 mila dipendenti ma di altrettante famiglie che guardano con estrema preoccupazione alla possibilità di perdere il lavoro, anche se bisogna dire che di qui al reimpiego vero e proprio dei dipendenti, passeranno come minimo un anno o due. Diverso forse sarebbe stato se i tre sindacati fossero stati uniti: come minimo si sarebbe potuto discutere qualche settimana in più, mentre in pratica la decisione è stata presa prima ancora di sedersi al tavolo.

Cosa c’entra il diritto di sciopero, individuale e garantito dalla Costituzione, con l’organizzazione del lavoro?

Il principio basilare del «world class manifacturing», che Fiat pratica da qualche anno ma che a Pomigliano vuole applicare in modo drastico e perentorio, è che non si deve perdere nulla del tempo di lavoro retribuito. Che vuol dire tagliare le pause, mettere la mensa a fine turno e naturalmente vietare al sindacato di intervenire per modificare una situazione del genere.

Uomini o robot?

Fiat ha già fatto un esperimento ed è fallito: Melfi doveva essere la fabbrica dove si produce tutto a luci spente perchè i robot non hanno bisogno di avere la luce accesa. Poi si è scoperto invece che l’intervento umano è indispensabile e il «world class manufacturing» conta molto sull’intervento umano perchè, a differenza di un tempo, si tratta di produrre una vettura alla volta, ognuna a seconda delle indicazioni del cliente. Per fare tutto questo, e per produrre singole vetture senza difetti, l’intervento umano è indispensabile ma deve essere cronometrato al centesimo di secondo. Occorre che le persone lavorino come robot, ma non possono essere sostituite da robot.

A Pomigliano, ha scritto, cadono i veli della globalizzazione…

I veli del disvelamento e dell’ideologia: raccontavano che il capitale andava in Cina e che noi, potendo acquistare merci a buon mercato, avremmo avuto più reddito da dedicare ad altri consumi; che il capitale, trasferito là dove avrebbe avuto un rendimento più alto, avrebbe portato vantaggi a tutti… È caduta la narrazione che voleva che qualche sacrificio, per qualche tempo, avrebbe portato alla ripresa e allo sviluppo per tutti: sono stati posti in competizione lavoratori che guadagnano 30 euro all’ora e quelli che hanno un salario di uno o due euro all’ora, e ora è chiaro che è il costo dei primi a dover scendere.

Delle reazioni politiche cosa la colpisce?

La voce flebile della sinistra e del centrosinistra. Per un sindacalista si capisce che è difficile prendere posizione in questo accordo ma un politico di centro sinistra non rischierebbe proprio nulla.

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