Il Consiglio di Metastasi
Tra la minaccia di un Consiglio comunale a porte chiuse -non appena si fosse fatto riferimento ai “riscontri” dell’inchiesta- e la diffusa impreparazione dei consiglieri (di maggioranza e minoranza), la serata consiliare di lunedì 14 aprile non ha di fatto aggiunto nulla alla “vicenda Metastasi”. In termini di chiarezza, trasparenza e responsabilità politica degli interessati, in particolare del sindaco di Lecco Virginio Brivio e il suo atteggiamento ritenuto “allarmante anche se allo stato privo di rilievo penale” dal Gip, la Città non ha avuto le dovute, meritate e necessarie risposte.
Eppure ciascun consigliere aveva tra le mani alcune nostre domande circostanziate (vedi sotto) basate su dati oggettivi, non pregiudizi, che avrebbero consentito al primo cittadino di fuoriuscire dal tunnel di contraddizioni e falsità che si è costruito intorno, o perché confuso o perché imbarazzato. Nessuno, però, ha ritenuto utile riprenderle.
Restano video-registrate le due grandi inesattezze (eufemismo) raccontate -senza che nessuno eccepisse- da Virginio Brivio. La prima: chi avrebbe mai detto prima degli arresti che Ernesto Palermo fosse un personaggio del genere? Sarebbe bastato ripercorrere la rassegna stampa locale per rispondere “Lei, signor sindaco”. Del resto, stando alle stesse ricostruzioni del primo cittadino di Lecco, fu proprio Marco Rusconi, nell’estate del 2011, ad esporgli i contenuti dell’informativa atipica della Prefettura e “in quel contesto mi aveva anche detto che lo stesso Palermo risultava vicino a questo ambiente” (le parole sono di Virginio Brivio, intervistato dalla Gazzetta di Lecco il 5 aprile scorso).
Lo stesso Rusconi, ex sindaco di Valmadrera, che il 20 luglio 2011, parlando con una terza persona non identificata, sosteneva di aver (la sintesi è degli operanti): “visto Virginio (BRIVIO sindaco di Lecco) che gli ha fatto vedere una lettera che gli è arrivata che dice che chi ha aperto Parè è il fratello di un mafioso che ha ucciso persone…la quale lettera racconta tutto il contenuto della storia e che comunque è un atto riservato e che non può essere usato in nessun caso”.
La seconda tesi è che nessuna istituzione del territorio fosse a conoscenza dell’attenzione dell’autorità giudiziaria rispetto alla “banda del Lido”, e cioè ad alcuni esponenti della locale lecchese di ‘ndrangheta legata al clan Trovato. Anche in questo caso non ci voleva tanto a smentire il monologo del sindaco: nella mattinata del 5 luglio 2011 Marco Rusconi incontra l’allora prefetto Marco Valentini, che lo mette in guardia su quel che stava orbitando intorno al Lido. L’ex collega di Brivio prende il telefono e chiama un collaboratore: “dalle verifiche -recita la sintesi delle parole di Rusconi- c’è un’interposizione e, dietro quel giro c’è Mario Coco tanto per essere chiari”. Si dice perplesso: “sui personaggi che gravitano nella cosa -prosegue confidandosi con il collaboratore- è stata aperta un’indagine e la cosa sta andando avanti per cui la roba è abbastanza di sostanza e non di segnalazione”.
Le indagini sono dei Carabinieri e lo sanno (tra gli altri) Rusconi, Ernesto Palermo e compagnia, il funzionario infedele della Prefettura che effettua il controllo incrociato su richiesta, la Prefettura di Lecco e ragionevolmente il sindaco di Lecco Virginio Brivio. D’altronde è lo stesso Brivio che il 22 luglio 2011 sente Rusconi e gli dice (sintesi degli operanti) “di stare sereno perché se lui è un prestanome (REDAELLI) e i titolari sono gli altri però comunque un po’ di armi spuntate le hanno anche perché alla fine lui (REDAELLI) non può esporsi più di tanto rischiando anche sulla sua attività”.
Se Brivio era a conoscenza della natura di “prestanome” di Antonello Redaelli -che riceverà comunque indisturbato in Comune il giorno seguente- un motivo ci sarà stato.
Le nostre domande rimangono perciò tutte sul tavolo, nonostante un’ampia fetta del ceto politico locale voglia sotterrare le emergenze evidenziate da Metastasi delegando ogni discussione pubblica alla magistratura, che di mestiere per fortuna fa ben altro. Ci chiediamo a chi possa giovare un atteggiamento del genere, che confonde i piani della responsabilità politiche con quelli dei comportamenti penalmente rilevanti, additando a giudice chi chiede trasparenza e un dovuto passo indietro. Perché la trasparenza atterrisce così tanto?
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– Come mai il 16 maggio 2011, ben in anticipo rispetto all’insorgere del presunto problema della revoca della concessione provvisoria della Lido di Parè Srl, inviò un sms a Ernesto Palermo con su scritto “Ma hai vinto appalto lido a Valmadrera?”? Lo riteneva già allora interlocutore privilegiato con riferimento a questa operazione? Se sì, perché?
– A chi faceva riferimento quando il 22 luglio 2011 tranquillizzò l’ex sindaco Rusconi sostenendo “di stare sereno perché se lui è un prestanome (REDAELLI) e i titolari sono gli altri però comunque un po’ di armi spuntate”? Chi erano all’epoca quegli “altri”? E perché, consapevole di questo “ruolo”, fissò per il giorno seguente un incontro addirittura in Comune con un soggetto (Redaelli) definito appunto “prestanome”?
– Lei ha sostenuto e sostiene che interloquì con i rappresentanti della Lido di Parè Srl facendo loro credere che l’informativa atipica non lasciasse grandi margini di manovra al sindaco Rusconi. In realtà il 20 luglio 2011 rivelava a Ernesto Palermo che “era nella disponibilità del comune la decisione perché non c’è una controindicazione giuridico – normativa, nella legge!”. Perché?
– Ha mai domandato all’ex consigliere comunale Ernesto Palermo il perché del suo forte interesse nei confronti di una società della quale non deteneva quote?
– Perché il 22 luglio 2011 si premurò di suggerire al collega Rusconi che nessun consigliere comunale di Valmadrera sollevasse il caso magari attenzioni di la Corte dei Conti (“importante che non ci sia qualche consigliere del comune di Valmadrera che non faccia cazzate, Corte dei conti eccetera”)?
– Date le molteplici e contraddittorie ricostruzioni fatte da Lei sulla stampa locale, potrebbe definitivamente spiegare quando ebbe contezza della contiguità di Ernesto Palermo con ambienti malavitosi?
– Che idea si fece quando Ernesto Palermo, il 28 settembre 2011, Le disse al telefono a proposito di Marco Rusconi -che aveva giustamente parlato di malavita a proposito degli interessi concentrati sull’area di Parè- che “è stato cretino perché alcune cose non le deve dire e deve dire solo che ha avuto un qualcosa di negativo dalla Prefettura e le cose così se le tira dietro”?
– Il 18 luglio 2011 inviò a Palermo il seguente sms “Ciao parlato con prefetto per vicende lecco accennato Valmadrera pare . Se vuol ne parliamo ma non al telefono ma stasera in consiglio. Sento anche marco.”. A seguito del colloquio in Consiglio, Palermo scrisse un sms al prestanome Redaelli sostenendo che “Siamo nella merda se vengono lì non ci fanno respirare finito di parlare adesso con Virginio”. Quale fu il contenuto della vostra conversazione in Consiglio?
Qui Lecco Libera
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